Senza titolo

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Il progetto si articola sul concetto di spazio, inteso sia come luogo fisico dell’individuo sia come sede mentale dell’uomo. Ho disegnato architetture che risultino improbabili e suggeriscano direzioni visive, ma che, al tempo stesso, siano riconducibili a spazi reali, parzialmente vittime del tempo e dell’incuria dell’uomo, poiché tali immagini sono, per me, il riflesso dell’insicurezza che l’uomo ha nella ricerca di risposte al quesito sul senso della propria vita e delle proprie azioni. Non è il luogo specifico ad essere rilevante, né la presenza umana a definirne l’importanza: ciò che pervade la rappresentazione è l’enigma dell’inadeguatezza umana, il timore e la bramosia di appartenere ad un substrato comune, identificabile in elementi strutturali che l’osservatore riconosce come luoghi di una città. Le architetture ritagliate e private di una collocazione reale mi consentono di mantenere un sapore urbano di interni ed esterni che colloca l’uomo nel tempo, sia che egli sia presente nella scena sia che ne sia totalmente assente. La tela bianca assume lo stesso valore comunicativo e visivo della parte dipinta, e, spesso, risulta essere protagonista. Uso trasparenze e sovrapposizioni con l’intento di creare una visione di simultaneità, che allontana parzialmente l’osservatore dalla realtà di ciò che viene mostrato, riconducendolo ad uno spazio immaginato e interiore. Direzione, spazio, attesa: questi sono i punti focali della composizione, all’interno della quale l’uomo ricerca una propria identità e un proprio senso. Il risultato della ricerca non è necessariamente una risposta né un’immagine confortante. Ho scelto una gamma ristretta di colori perché voglio instaurare un dialogo con l’osservatore, il quale tenterà di continuare l’immagine ove è mancante e riempirà il bianco della tela con parti del proprio essere, siano esse a colori o in bianco e nero.