Alt

Musica
Teatro
Danza

Alt

Destinazione

Parigi - France

Periodo
-
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Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Nel corso di pochi anni, muovendo i primi passi dalla testimonianza poetica di Giorgio Caproni con la volontà di metterne in scena in maniera inedita l’opera, L’ora dell’Alt ha coinvolto diverse persone, fino a diventare una sorta di collettivo ideale. Fin qui totalmente autofinanziandosi, senza una sede fisica, questi giovani artisti hanno maturato una serie di idee che necessitano ora di uno spazio adeguato per esser trasformate in cosa. L’ora dell’Alt si propone adesso di concretizzarsi tramite un’esperienza di residenza presso l’ARTA di Parigi.  

ENTE OSPITANTE

ARTA (Association de Recherche des Traditions de l’Acteur) è uno studio di sperimentazione sull'arte dell'attore, orientata verso un scenario internazionale. L'ente si rivolge ad artisti francesi ed europei volenterosi di testare diversi metodi di recitazione, tentare approcci insoliti, e aprirsi al confronto con personalità e pedagoghi riconosciuti, provenienti da diversi background culturali. La ricerca condotta da ARTA ha fino ad ora portato a un'espansione degli strumenti a disposizione degli attori, allo sviluppo di processi creativi inediti e all'esame dei metodi più efficaci per dirigere gli attori sul set.     

Intervista

Com’è nato il vostro gruppo e conseguentemente questo progetto?

Sono nati quasi simultaneamente, come se il progetto fosse scaturito dal gruppo e viceversa. Se dobbiamo cercare un’origine, l’idea di metter su un lavoro teatrale incentrato sulla poesia di Caproni è nata dall’incontro tra Emanuele Marchetti e Sacha Piersanti, due membri del gruppo. Questo alla fine del 2015, quando erano insofferenti studenti universitari. Nel giro di qualche mese il duo si è ampliato coinvolgendo giovani attori provenienti dall’Officina Pasolini di Roma. La primissima bozza del lavoro consisteva in un reading scenico, presentato alla Sapienza di Roma. Questo in concomitanza con l’addio all’insegnamento della poetessa Biancamaria Frabotta (esperta caproniana e in quell’occasione preziosa, ancorché silenziosa, spalla teorica). Quell’ibrido è stato poi rivisitato e ampliato fino al 2017.  Il risultato è un progetto nuovo, più consapevole e strutturato. L’idea di base era quella di trovare una forma inedita, diversa dalla bidimensionale formula del reading, per mettere in scena la parola poetica. Un canale performativo multidisciplinare attraverso cui comunicare quanto nei versi resta inespresso. Una maniera per ribadire la sinonimia tra ‘corpo’ e ‘parola’. Più che un obiettivo una missione, in un periodo storico dove la poesia è sempre più relegata ai margini. In misure e maniere diverse  i membri di questo gruppo si sono trovati d’accordo, e dal loro rapporto interpersonale ha preso sempre più vita il progetto. Possiamo dire che “L’ora dell’Alt” è il frutto di una connessione umana prima ancora che artistica. “L’arte è vita”, si dice spesso, ma non ne avevamo mai avuta esperienza diretta. Ecco, l’Alt è esattamente la dimostrazione della verità di quella battuta.

Come vi siete trovati all'Arta di Parigi? Cosa vi ha colpito?

Bene, benissimo. Ci sentivamo finalmente a casa e anche isolati dal resto del mondo. È un luogo nel cuore del bosco di Vincennes, dove ci sono almeno sei teatri coraggiosi e accoglienti. Sei in mezzo al verde,  in campagna. I nitriti dei pony e dei cavalli ci hanno accompagnato per tutta la durata del lavoro. Una realtà stimolante, bucolica e rilassante al tempo stesso. E di notte anche un po’ inquietante, quando rimanevamo soli. Anche per quanto riguarda la compagine organizzativa di ARTA non possiamo che dirci soddisfatti. Ci hanno concesso carta bianca sull’uso degli spazi, e piena libertà e supporto per le questioni più tecniche e burocratiche. Approfittiamo di questa domanda per ringraziare tutta la squadra e, nello specifico, la gentile accoglienza e la complicità di Giulia Pesole. 

Siete riusciti a completare il progetto?

Completare il progetto non è mai stato un nostro reale obiettivo. Sapevamo che queste tre settimane sarebbero state all’insegna della ricerca e della messa in prova di determinate idee. La nostra tipologia di lavoro, tra versi e prosa, danza e recitazione, richiede un giudizio meno definitivo. Non avevamo la pretesa di mettere un punto a L’ora dell’Alt, ma piuttosto tre di sospensione. Come nei quaderni di geometria dei bambini, ad indicare l’ignoto e infinito, convinti che la prossima tappa ci permetterà di tracciare altri segni. Abbiamo lavorato e lavoreremo su un progetto che, per dirla col “nostro” Caproni, va accettato “così com’è / finito ed infinito”. Concludendo, possiamo dire di aver capito quanto lavorare su “L’ora dell’Alt” significhi anche cercare di strutturare un nostro personale linguaggio espressivo, un codice, uno stile.

Come si possono unire musica, teatro e danza? Quanto è importante la contaminazione di generi?

Non abbiamo la pretesa di saperlo, non siamo nemmeno sicuri di essere riusciti a farlo profondamente. Quel che possiamo dire con certezza è che il nostro vero argomento di studio, il rovello etico e estetico che accompagna e azzanna tutti noi, non è nient’altro che l’essere umano. Ecco allora che, per quanto i linguaggi e gli stili siano differenti, sono semplici sfaccettature di quell’unico grumo di carne e pensiero che rappresentiamo. Che sia voce, corpo, penna o tastiera, ogni fatto artistico è prima di tutto un fatto umano. Perciò questa sinergia viene da sé. Si tratta solo di dar sfogo a ogni possibile direzione artistica portiamo dentro. Con questo intendiamo dire che forse la nostra non è stata nemmeno una vera scelta, ma la naturale conseguenza di aver individuato nell’essere umano il nostro oggetto di studio. In più aver cominciato leggendo e approfondendo la poesia ha contribuito non poco. In qualsiasi testo di un poeta che sia tale davvero (e Caproni nel nostro caso lo è senza dubbio) non è difficile riscontrare già tutte le altre forme di espressione artistica: ritmo, melodia, coreografia, interpretazione, senso, significato. Basta scavare e portarlo a galla. O affogarci dentro. Il nostro gruppo “Alt” è di per sé una ‘commistione’: ognuno di noi al di fuori di questa esperienza porta avanti un percorso personale e si occupa professionalmente di una specifica “arte” (danza, teatro, letteratura, musica). Lavorare insieme significa mettere a disposizione del gruppo, in maniera del tutto naturale, le proprie peculiarità, esperienze, competenze, in una sinergia espressiva che è (ancora una volta!) fortemente umana.

Resoconto

Quali sono stati i momenti più significativi di questa esperienza? Quali sono le difficoltà che avete incontrato e le soddisfazioni maggiori?

Di momenti significativi ce ne sono stati molti. Come detto prima, in queste tre settimane abbiamo capito sempre più di non dover solo preparare e allestire performance, ma anche gettare le basi per costruire un nostro linguaggio. Per cui avere la percezione di essere sulla strada giusta e di poterla seguire per noi è stato un punto di svolta. Di difficoltà ce ne sono state diverse. Il nostro modo di lavorare, ovvero partire dalla poesia per “performarla” attraverso il proprio vissuto ed emotività rendendo il tutto fruibile, è sicuramente arduo. “L’ora dell’Alt” richiede una grande disponibilità emotiva e creativa. Maneggiare elementi tanto infiammabili può essere rischioso. Detto questo dalle difficoltà nascono le idee e immagini migliori. Accettare rabbia, dolore, frustrazione e paura, per poi dominarle e trasformarle in creatività è la difficoltà maggiore. E noi crediamo di averla superata.

Rifareste questa esperienza? Pensate di poterla replicare in altri luoghi?

Rifaremmo tutto, magari col nostro “cast” al completo (per impegni già presi abbiamo dovuto rinunciare a due preziosi elementi). Per quel che riguarda lo spazio, siamo convinti che sperimentare nuovi luoghi possa solo giovarci. Il sospetto di poter funzionare in luoghi diversi dai canonici teatri è ormai una certezza. Chissà, magari presto lo proporremo all’aperto. Il rapporto fisico con lo spettatore per noi è una priorità: starcene in alto sul palco di un teatro forse limiterebbe il tutto, ma mai dire mai. 

Avete già nuovi progetti in mente?

Nuovi progetti sicuramente ne abbiamo, ma crediamo sia il momento di scavare e insistere con questa nuova fase de “L’ora dell’Alt”. Per cui, dopo una necessaria pausa estiva, ci rimetteremo di nuovo al lavoro cercando di esaurire l’esauribile.