Andriko

Altro
Teatro

Andriko

Destinazione

Barcellona - Spain

Periodo
-
Partito
Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Partecipare alla creazione collettiva di una nuova versione del Hilo de Ariadna, opera che ha dato inizio, più di venti anni fa, all'avventura artistica del Teatro de los sentidos. Continuare la mia formazione a fianco del maestro Enrique Vargas, che ha apprezzato in passato il mio contributo soprattutto per la drammaturgia e la poetica. Partecipare a una ricerca di gruppo, artistica, esistenziale, teatrale e antropologica, che parta dalle nostre domande più intime e inconfessabili, esplorando la nostra ombra per dare alla luce un teatro che recuperi la sua dimensione sacra e rituale.

ENTE OSPITANTE

Teatro de los Sentidos: "Siamo artisti e anche ricercatori, lavoriamo in più discipline e proveniamo da diverse parti del mondo. E insieme abbiamo sviluppato una pratica che mette in relazione i linguaggi del sentimento, la poetica del gioco e della creazione. Creiamo esperienze che offuscano lo spazio tradizionale che separa l'attore dal pubblico per migliorare una partecipazione creativa che ci permette di esplorare con gioia i nostri labirinti interni". teatrodelossentidos.com

Intervista

Andrea Verga, la tua residenza avrà luogo presso il Teatro de los Sentidos, il teatro dei Sensi. Secondo te qual è il ruolo che hanno i sensi nel teatro?

Il nome teatro viene dal verbo greco theaomai che vuol dire “vedere attentamente”, “imparare vedendo”. Ma nella nostra società il senso della vista è sovra-rappresentato. Vediamo ma senza attenzione, molto più schermi che sguardi. C’è bisogno di tornare all’essenza del teatro, al teatro prima del teatro. Cioè prima della scena, prima del palcoscenico. Il teatro in quanto mistero, creazione di rituali collettivi che coinvolgano i corpi e le menti e i cuori delle persone, al di là delle immagini e delle parole, senza più distinzione tra spettatori e attori. Ecco quindi che riscopriamo sensi più “arcaici” della vista: il tatto, l’olfatto, sensi che ci fanno sentire la nostra parte animale che abbiamo tendenza a dimenticare.

Cosa ti ha attrae e senti affine a te della visione del teatro di Enrique Vargas?

Enrique Vargas fa teatro, per sua stessa ammissione, perché non ha mai voluto smettere di giocare. Io da piccolo, e anche da grande, non giocavo molto e penso di aver riscoperto il gioco proprio grazie a Enrique. E quando scopri il gioco, scopri la chiave di tutto.

Cosa ti aspetti da questa residenza?

Di continuare nella strada intrapresa più di tre anni fa quando lasciai tutto per seguire la formazione di teatro sensoriale a Barcellona. Imparare. Giocare. Sentire. Costruire un labirinto, improvvisandomi falegname. Superare i miei limiti. Scrivere. Dare il mio umile contributo al teatro dei sensi, che si trova in una fase molto importante di ricerca. Conoscere persone meravigliose. Leggere. Lavorare a progetti per portare il teatro sensoriale a luoghi e a persone che non immaginano neanche che possa esistere una cosa del genere.

Resoconto

Come è stato lavorare in gruppo per la messa in scena del Hilo de Ariadna? 

È stato molto bello e molto intenso. Lo spettacolo ha bisogno di 18 attori/abitanti al giorno che già non è poco. Però visto l’impegno richiesto (4 giorni a settimana per 3 mesi) alcune persone non potevano essere sempre presenti. C’è chi ha figli piccoli, chi fa l’infermiera,  chi aveva altri spettacoli in corso…Il totale degli attori quindi era più di 30! Più vari direttori, tecnici, un gruppo di 15 bulgari e rumeni, che è venuto a fare ricerca sulle poetiche sensoriali per una settimana, quelli che si occupavano del bar, tirocinanti, organizzatori, fotografi, viaggiatori/spettatori appassionati che dopo lo spettacolo non se ne volevano più andare, i bambini della scuola accanto con cui ho fatto uno spettacolo…insomma era tutto un incontrare persone, molto ma molto intenso. E con alcuni si era sempre insieme. A cena, a colazione, al bar, a yoga, al mare…si sentivano parlare varie lingue contemporaneamente, si passava dall’italiano allo spagnolo al catalano al francese all’inglese e a volte non ci si capiva ma più spesso sì. I processi decisionali erano complessi. Molta incertezza. Voglia di esserci, di continuare. Stanchezza, a volte. Molta poesia che si infiltrava sempre, come una parietaria che cresce nelle crepe di un muro o di un tempio. L’opera, El Hilo de Ariadna, è potente, più grande di noi, dice sempre il direttore. Decide, s’impone, ha vita propria e noi a corrergli dietro, in gruppo.

Come è stata applicata la visione di Vargas a questo lavoro? 

Quest’opera è figlia e madre della poetica di Enrique Vargas che infatti dice sempre “tu fai l’opera ma l’opera ti fa a te”. Quest’opera è il primo labirinto, la prima opera di teatro sensoriale, è nata 30 anni fa (per la precisione 32 anni fa in una forma molto essenziale e 28 anni fa in una forma simile a quella attuale). Viene dall’idea visionaria di Enrique Vargas di uno spettacolo che sia come un regalo destinato a un solo spettatore. Immaginatevi, dice Vargas, che tutti gli abitanti della terra sono attori e che c’è un solo spettatore,ecco lo spettacolo lo stiamo facendo per lui. Si tratta quindidi un rito di passaggio, di un momento speciale che spesso risuona a lungonella vita dello spettatore, visto che è lui a entrare nel labirinto e a crearsi il suo percorso e quindi la sua storia. Una visione potente, che nasce nell’infanzia. Enrique bambino vuole stupire i suoi cugini di città con dei giochi che possano competere con i giocattoli sofisticati della capitale. Crea allora dei percorsi in mezzo alle piantagioni di caffè che circondano la sua casa, nelle Ande colombiane, e per rendergli più interessanti li addobba: una pelle di serpente di qua, un cestino di là. E questi percorsi addobbati, queste semplici installazioni, si mettono a raccontare delle storie, quasi da soli. Ecco il filo che Enrique non ha smesso di cercare, fin da piccolo.

Enrique Vargas ha scelto il teatro per non smettere mai di giocare, questa residenza è stata anche un po' un gioco per te? 

Sì, ma un gioco serio, come sono seri i bambini quando giocano. Un gioco che è legato al mistero. A volte ci sentivamo come in missione, come se dovessimo condividere questo gioco, come bambini che quando scoprono un nuovo gioco non possono tenerselo per sé, devono correre a condividerlo con gli altri. E quindi dobbiamo far giocare tante persone, tantissime, perché sappiamo che è un gioco trasformatore, che è un gioco che quando lo hai terminato non sei più lo stesso. Ho giocato col mio personaggio, una specie di calzolaio segretamente amante della poesia, almeno io lo immagino così, perché ho pensato che è un personaggio comico, nel diario di viaggio l’ho paragonato al matto nei Tarocchi, visto che è il primo personaggio che lo spettatore/abitante s’incontra, e ancora è fuori dal labirinto, proprio come il matto che è il numero zero che è l’inizio del viaggio ma ancora non ne fa parte del tutto, come se potesse cambiare idea da un momento all’altro. Ma alla fine sceglie di partire, di trasformarsi in mago, il numero 1, allora il suo anelito trasformatore si concretizza, si appesantisce e si struttura. Un gioco necessario, un rito.