Angelo Gianpaolo Bucci

Angelo Gianpaolo Bucci

Destinazione

Brighton - United Kingdom

Periodo
-
In partenza
Il progetto (e info su ente)

In seguito ai recenti attacchi terroristici a Parigi e Bruxelles, è sempre più sentita l’urgenza di conoscere più a fondo le diverse culture che abitano le nostre città. Perciò, il proponente intende offrire tramite l’arte maggiori strumenti alla comprensione delle realtà multiculturali contemporanee. Condurrà quindi un anno di ricerca artistica (Master of Philosophy) presso la University of Sussex, nel Regno Unito. Tale ricerca analizzerà gli approcci più adeguati per produrre audiovisivi che forniscano una rappresentazione più sfaccettata dei migranti e del loro impatto sugli spazi urbani.

ENTE INVITANTE

La University of Sussex (traducibile come Università del Sussex) è una prestigiosa università pubblica inglese situata in prossimità del villaggio di Falmer (East Sussex) e all'interno della regione denominata come "Brighton and Hove". Fondata nel 1960, è attualmente classificata tra le dieci migliori università inglesi e tra le migliori venti d'Europa dal Times Higher Education, mentre è collocata al 79esimo posto nella classifica delle migliori università di tutto il mondo.

Intervista

di Alessio Posar

Hai scelto un argomento molto attuale e "politico". Come mai?

Ti risponderò raccontando la storia che conosco meglio: la mia. Immagino molti si chiedano cosa abbia a che vedere questo italiano bianchiccio coi migranti, no?
Ebbene: quando dalla provincia di Caserta mi sono trasferito a Roma nel 2000, ho dovuto provare sulla mia pelle che l'aggettivo "napoletano" non era solo un presunto marchio d'infamia per slogan di dubbio gusto allo stadio o sui muri della città. Il mio marcato accento regionale diventava, infatti, il tratto di diversità che i miei interlocutori potevano sfruttare per sminuirmi: quindi, alla professoressa universitaria che mi metteva voti più bassi, seguivano i clienti che mi contestavano sul posto di lavoro.
Per fortuna, mi hanno fatto il piacere di non lasciarmi solo: come sui muri e allo stadio, mi accompagnavano a un'altra categoria da etichettare; oggi posso ringraziare quel cliente secondo cui "quel negro e quel napoletano non fanno come dico", perché mi ha aperto gli occhi.
Da allora, mi sono sentito vicino a tutti quelli etichettati come diversi; buoni, cioè, come capri espiatori per quegli infelici che non vogliono affrontare le vere ragioni della loro infelicità.

Dedicandomi poi alla settima arte, potevo scegliere se:

 

  1. affrontare temi sociali come questo nell'indifferenza generale

    o piuttosto

  2. sfornare commediole sempliciotte incurante dei pregiudizi e ingrossare tranquillamente il mio portafogli. 



Evidentemente le strade facili non mi piacciono, e ho scelto la prima.
Quando tre anni fa ho iniziato a proporre ai media e a possibili finanziatori la mia serie di documentari sulle (In)visible Cities abitate da migranti, tutti volevano parlare solo di barconi nel Mediterraneo. La migrazione agli occhi di tutti era e doveva essere quella: perché volevo ostinarmi a offrire un'altra prospettiva?
Poi ci sono stati gli attentati di Parigi e Nizza, il Capodanno di Colonia e altri fatti che hanno cambiato l'agenda mediatica: ora, improvvisamente, tutti mi chiamano perché vogliono conoscere più a fondo i quartieri multiculturali delle nostra città!
Non so se sia perché sperino ancora di trovarci fantomatici terroristi annidati, ma io continuo a offrirgli quell'altra prospettiva su chi è diverso da loro, finché non si abitueranno all'idea che nelle differenze non ci sono tutti questi pericoli.

Su quali culture ti concentrerai?

Quelle sub-sahariane: da un lato visivo, per la più marcata differenza somatica con le culture dei paesi d'approdo; da un lato produttivo, per facilità di approccio. Infatti il documentario segue il viaggio di mia moglie Beatrice Kabutakapua, giornalista e ricercatrice nata in Italia da genitori congolesi, tra queste (In)visible Cities abitate da migranti con cui può facilmente relazionarsi e tracciare paralleli con le sue esperienze.
Questo, però, non vuol essere un limite: come raccontavo riguardo la mia esperienza personale, le storie delle persone incontrate possono essere comuni a tutti noi. D'altronde, chi nella vita non si è mai trovato a cambiare città, quartiere, attività sentendosi trattato come "diverso" perché nuovo del posto?

Che tipo di documenti audiovisivi intendi produrre?

L'obiettivo è produrre una serie di film documentari sulle (In)visible Cities dei cinque continenti, un film per ogni città esplorata, e delle brevi clip per il pubblico web. La serie è già iniziata con le prime quattro città, raccolte eccezionalmente in un lungometraggio per poterne proiettare le storie in tutto il mondo: finora è stato visto in sale cinematografiche e istituzioni culturali di Italia, USA e Regno Unito; spero di poter rilasciare presto una versione VOD per allargare la platea.
Si possono seguire le evoluzioni del progetto tramite il sito del progetto www.invisiblecities.us e i nostri canali social.
Mi piacerebbe anche produrre dei documentari interattivi, ma ancora non ho trovato partner esperti in materia per lavorare anche su questo.
Se il GAI potesse essere occasione per creare nuove connessioni artistiche, ben vengano!