Lavinia Raccanello

Lavinia Raccanello

Destinazione

Lumsden - United Kingdom

Periodo
-
Tornata
Il progetto (e info su ente)

Partendo dalla vita dello scrittore anarchico scozzese Stuart Christie, conosciuto ai più per essere stato arrestato in Spagna all'età di 18 anni mentre trasportava esplosivi per assassinare il Generale Franco, Lavinia lavorerà ad un progetto che, combinando testi scritti, suoni e sculture, si baserà sull'analisi dell'intreccio tra vite private ed archivi all'interno dei movimenti anarchici.

ENTE OSPITANTE

Lo Scottish Sculpture Workshop (SSW) è stato fondato nel 1979 dallo scultore Fred Bushe ed ha sede nel villaggio rurale di Lumsden nel nord-est della Scozia. Lo SSW offre tempo, spazio, sostegno e strutture ad artisti provenienti da ogni settore artistico, con un'attenzione particolare alla sperimentazione e all'esplorazione della scultura. Il programma di base dello SSW si basa principalmente su residenze d'artista e fornitura di strutture.

Intervista

di Alessio Posar

Cosa ti ha attratto della figura di Stuart Christie? 

Da anni, sin dai tempi in cui studiavo Giurisprudenza all’Università di Trento, mi interesso della storia del movimento anarchico. Dal 2014 mi sono interessata in particolar modo ai movimenti che hanno provato ad opporsi al Fascismo creando, prima, una serie di serigrafie ispirata all'attività dei GAP e alla figura di Feltrinelli, poi una serie di lavori sulle azioni a Torino degli anarchici durante la Resistenza e, infine, quest’ultimo progetto che è strettamente legato alla storia della lotta anarchica antifranchista.

Penso che una parte di me senta la necessità di dare un senso alle morti e ai sacrifici di coloro che hanno combattuto per la libertà resistendo al Fascismo e di raccontare le storie di alcuni di loro, tra i quali quella di Stuart Christie, scrittore ed editore anarchico scozzese, noto ai più per essere stato arrestato nel 1964 all'età di 18 anni mentre trasportava esplosivi per uccidere il generalissimo Franco e il suo entourage allo stadio di Santiago Bernabéu durante la Copa del Generalísimo. Christie ha deciso di raccontare questa ed altre vicende che lo hanno visto protagonista in quello che considero un bellissimo esempio di autobiografia anarchica dal titolo Granny made me an anarchist: General Franco, the Angry Brigade and Me.

Come intendi rappresentare questo intreccio tra vita privata e burocrazia?

Prima di tutto è necessario studiare la Storia, quella ufficiale contenuta nei testi scolastici e quella alternativa scritta in pubblicazioni indipendenti. Per questo motivo ho letto e riletto svariate pubblicazioni in lingua inglese, ma anche spagnola e italiana, che trattano della storia del movimento libertario tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60, in una continua ricerca che ha affiancato ad atti ufficiali, lettere e altri scritti personali ed autobiografici di prigionieri durante il periodo del Franchismo. Poi ho considerato altre fonti che mi hanno permesso di approfondire la mia ricerca non solo in relazione al contesto specifico del Franchismo, ma anche, e soprattutto, in relazione al contesto socio-politico attuale. 

Mi affascina il ruolo che la memoria storica può giocare nelle nostre vite se le viene offerta questa opportunità. Da qui il mio interesse per storie come quella di Stuart Christie, che sono molto più di semplici racconti autobiografici. A questo lavoro sulla Storia, ho affiancato delle riflessioni sulla memoria, ossia sul modo in cui noi stessi ci poniamo nei confronti della Storia stessa, su ciò che decidiamo di ricordare, archiviare e tramandare e su come lo facciamo. Ovviamente mi sono concentrata sul caso specifico di Christie e su quanto egli stesso ha deciso di raccontare e raccontarmi di quegli anni. 

Durante questo percorso ho finito con spostare la mia attenzione sul peso che attribuiamo alle parole e sulle conseguenze che queste comportano. La scelta delle parole che si usano, soprattutto per il movimento anarchico, spesso e volentieri sotto perpetua sorveglianza, censura e accusa, è inevitabile. In un contesto in cui la carta stampata ha indubbiamente un valore determinante nel tramandare la memoria degli accadimenti e in cui ogni parola è, o dovrebbe, essere messa in discussione, trovo che l'approccio di Christie sia particolarmente interessante. Ovviamente nell'era di Internet, in cui in un attimo si può condividere qualunque pensiero con moltissimi altri utenti semplicemente cliccando Invio, questo non è necessariamente sempre vero, anche se a conti fatti dovrebbe esserlo. E Christie è indubbiamente una prova di come questo sia ancora possibile: basta volerlo.

Cosa pensi dell’arte come impegno politico?

Il dubbio che fare arte politica sia un po' una moda è più che lecito, visto il crescente numero di artisti coinvolti, ma non è poi così difficile comprendere che, in questo caso, più che di moda si tratti molto probabilmente di una necessità. Il che, onestamente, non dovrebbe poi stupirci più di tanto. Dopotutto non è la prima volta che di fronte alla Storia gli artisti sentono la necessità di intervenire, basti pensare a Guernica di Picasso e, soprattutto, ricordarsi che Picasso non era un artista politicamente impegnato, ma che tuttavia, parlando di Guernica, disse “io esprimo chiaramente il mio odio per la casta militare che ha sprofondato la Spagna in un oceano di dolore e di morte”. Se non è impegno politico questo, non so cosa lo sia.

Bisogna comunque non dimenticare che gli artisti non sono giornalisti o storici, ma sono e rimangono artisti. Per certi versi noi artisti non mostriamo la realtà così com’è, nella sua crudezza e nel suo dramma, quanto piuttosto la evochiamo e la lasciamo intuire. Per questo motivo l’arte è uno strumento così potente e arriva a toccare in noi corde che noi stessi non eravamo consci di avere. Finisce col solleticare quella parte di noi che è ancora in grado di immaginare diversi mondi possibili, mentre allo stesso tempo, con gli occhi ben aperti, cerchiamo di capire quello in cui viviamo. L’arte è interpretazione del mondo oggi più che mai. L’arte, con il suo essere implicita memoria della Storia recente, è diventata oggi uno spazio di protesta, forse più delle strade e delle piazze.

Una critica frequentemente mossa a questo tipo di arte è quella che si tratti di una sorta di realtà parallela dove tutto è permesso. Esiste un aneddoto sul dittatore spagnolo Franco, giusto per restare in tema, che racconta di come quando si presentò all’inaugurazione della Prima Biennale d’Arte Ispano-americana nel 1951, mentre stava per entrare nella stanza in cui erano esposti lavori critici nei confronti del suo regime, qualcuno gli disse, quasi a volerlo avvertire: “Sua eccellenza, questa è la stanza dei rivoluzionari”.” E Franco rispose: “Fintanto che si rivoltano così…” Quest’aneddoto in realtà, più che corroborare la tesi secondo cui nel mondo dell’arte tutto è concesso perché, in fin dei conti, niente è davvero importante, può essere un monito su come l’arte che vuole essere politica vede le sue potenzialità spesso annullate dal sistema stesso dell’arte. È anche per questo motivo che molti artisti negli ultimi anni hanno scelto di non farsi rappresentare da alcuna galleria, come i collettivi Chto Delat? e Voina. Sarebbe sciocco ignorare che al contempo ci sono comunque artisti altrettanto bravi e per certi versi altrettanto scomodi che continuano a lavorare con gallerie e istituzioni pubbliche e private perché, e questo è il bello dell’arte, alla fine l’importante è che se ne parli o, meglio, che si veda.

Ma non è forse una contraddizione voler far arte politicamente impegnata all’interno del sistema del mercato dell’arte e il fatto che alcune opere possano trasformarsi in oggetti di lusso con un loro valore economico diventando così parte della cultura dominante? Forse. Quello che so per certo è che la legittimazione di questo tipo di arte non deve venire solo da un riconoscimento all’interno del mondo dell’arte, quanto dall'apertura di un dialogo onesto con i non addetti ai lavori, con le parti sociali, con i movimenti. Nel momento in cui questo avviene, non ha più importanza se si espone in una galleria o in uno spazio indipendente o, ancora, in un centro sociale occupato. Importa cosa si espone e di cosa si parla. L’arte è diventata un canale di informazione alternativa che permette l’accesso a un numero di dati finora impensabile. Parlare di prigionieri politici, guerra e resistenza armata in arte è pur sempre meglio del silenzio di tanti altri canali di informazione.

“La cultura”, sostiene Antonio Gramsci, “è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri.”[1] La cultura, così intesa, trova nell’arte politica un vero e proprio alleato. Se è vero, come credo, che la cultura rende liberi, allora è altrettanto vero che l’arte è in grado di trasmettere conoscenze e sviluppare capacità critiche. E la cosa più stupefacente, a riprova della necessità di questo tipo di arte oggi, è che c’è davvero gente interessata ad ascoltare, interessata a vedere.

[1] Cfr. articolo di Gramsci, firmato ALFA GAMMA, Il Grido del Popolo, 29 gennaio 1916.

Resoconto

di Alessio Posar

Qual è stata la reazione del pubblico al tuo progetto?

Sono molte le persone che sono entrate in contatto con questo progetto nelle sue varie fasi di lavorazione e tutte ne sono rimaste estremamente affascinate.

E il tuo rapporto con Christie è cambiato?

Stuart Christie sì è mostrato estremamente disponibile, concentrandosi, tra le altre cose, sul ruolo della resistenza armata anarchica del dopoguerra, il valore della cooperazione internazionale dei primi anni '60 e le condizioni dei prigionieri sotto il regime franchista, in particolar modo nella prigione di Carabanchel, dove lo stesso Stuart Christie è stato rinchiuso per 3 anni. Oltre ad avere un affascinante trascorso personale, Stuart Christie ha anche un'innegabile abilità come scrittore, un aspetto che salta subito all'occhio.

Progetti per il futuro? Qualche altra figura storica?

Al momento sono in piena fase di ricerca per la mia prossima mostra personale che si terrà in Svizzera nella primavera del 2017 e per la quale sto lavorando su alcune figure di anarchici italiani e svizzeri durante il periodo della Resistenza, analizzandone relazioni, convinzioni ed azioni.