Pietro Bonfanti

Pietro Bonfanti

Destinazione

Manila - Philippines

Periodo
-
Partito
Il progetto (e info su ente)

98B Unfolded è un progetto per una residenza + pubblicazione che racconta per la prima volta secondo una prospettiva collettiva, l’esperienza dello spazio gestito da artisti 98B COLLABoratory, nel quartiere di Escolta, Manilia Filippine. Uno spazio nato nel 2012 con l’obiettivo di mettere in campo pratiche artistiche sperimentali, rivolte al quartiere e in grado di coinvolgere i suoi abitanti a partire da iniziative di vita quotidiana (cucina, libreria, mercato, talks, etc. ). 98B Unfolded ha una natura partecipativa e vedrà coinvolti gli artisti e gli abitanti del quartiere di Escolta.

ENTE INVITANTE

98B Collaboratory è uno spazio artist-run con base a Manila, Filippine.

Intervista

di Michele Prencipe

Il tuo viaggio ti porta a Manila per collaborare a 98B Unfolded: come nasce questo progetto e come ci sei entrato in contatto?

Ho conosciuto Jazz (Joseph Gabriel), uno dei membri di 98BCOLLABoratory a  Venezia  alcuni anni fa quando studiavo all’Università IUAV.  All’epoca lo ospitai nella mia abitazione tramite un sito internet che permetteva di accomodare gratuitamente forestieri sul  divano. È nata un’amicizia. Siamo rimasti in contatto e di recente mi ha invitato a Manila per una residenza d’artista  all’interno della programmazione di 98B. L’esperienza dello spazio autogestito da artisti 98B si articola sotto forma di laboratorio trans-disciplinare in stretto contatto con l’area di Escolta in cui è situato. Escolta è la storica downtown creata nel 1594 nel quartiere  di Binondo a Manila. Centro  economico nel periodo coloniale, l’area urbana di Escolta vive oggi una complessa e  contraddittoria fase di mutamento. Sapendo che amo esplorare  contesti socio-culturali in trasformazione, Jazz insieme agli altri membri di 98B decidono di invitarmi a Manila per realizzare un progetto che racconti delle intersezioni tra pratiche artistiche e identità locale. 98BCOLLABoratory viene fondato nel 2012 da Mayumi Hiarano e Mark Salvatus, il quale espone in questi giorni al  padiglione  filippino  della Biennale Internazionale di Architettura di Venezia un’opera sul quartiere di Binondo e Sta. Cruz. 

Il progetto opererà in particolar modo a Escolta, un quartiere di Manila: come si svolgeranno le attività e quale sarà il tuo ruolo?

Mi lascerò guidare anzitutto dai membri di 98B che mi accompagneranno dentro la realtà di Escolta e dei molteplici progetti che seguono. Il mio ruolo consiste nel perlustrare le sfaccettature insite nelle pratiche artistiche connesse alla vita urbana di Escolta, per  raccontare la realtà contingente fornendone una visione  storicamente e socialmente radicata. Attingo dall’esperienza diretta  sul campo  collezionando  un  corpo  eterogeneo di materiali quali appunti, disegni, fotografie, artefatti culturali e oggetti accidentali, che vengono montati   insieme a contributi nati dalla collaborazione con persone incontrate in loco. Membri di 98B e abitanti del quartiere saranno invitati a partecipare condividendo conoscenze e narrazioni legate alla propria esperienza, tramite immagini, conversazioni registrate, scritti in prima persona ed eventuali altri documenti in relazione alle circostanze che si creeranno. 98BUnfolded, oltre a raccontare la mia presenza alloctona, intende servire come strumento per esplorare orizzonti di senso e di ricerca già inscritti nella comunità informale di persone che 98B sta coltivando. Lo scopo è confondere, a partire da una pubblicazione, la dimensione estetica del racconto di viaggio all’opera collettiva del laboratorio sociale in corso.

Cosa ti aspetti da quest’esperienza? 

Di solito lavoro a progetti che hanno come destinatari gli stessi partecipanti al progetto e le persone che appartengono ai luoghi dove si svolgono. Questa volta il progetto sarà più breve (45 giorni) e avrà due destinatari: sia le persone coinvolte, sia quelle che non lo sono. Mi aspetto, dunque, un progetto che possa riuscire nell’intento di rivolgersi a un duplice destinatario: gli amici di Manila e le persone che incontrerò durante il viaggio da una parte, e dall’altra coloro che non fanno parte di questo viaggio e della realtà che andrò a indagare. Dopodiché, l’imprevisto farà da maestro.

Resoconto

di Michele Prencipe

Il viaggio è stato lungo e ti ha portato lontano: cos'hai trovato a Manila?

Un mondo completamente diverso dal nostro, molto più diverso di quanto mi aspettassi.
Dove abitavo a Quezon City, in Mendoza Village, ero l’unico bianco del quartiere, la gente mi salutava con “Hey Joe!” accompagnato talvolta dal saluto militare. Dunque, prima cosa, non siamo uguali, non passi inosservato, la gente ti scruta, incuriosita o imbarazzata. Bianco significa americano o europeo, uomo ricco e potente. Nei primi giorni la coinquilina mi consigliava di non uscire di casa da solo. Ogni volta che dovevo uscire dovevo aspettare che mi accompagnasse.
Manila è una città calda, scoppiettante e ingegnosa. Uno dei principali mezzi di trasporto locali è il Jeepny, che è anche un simbolo identitario della città. Si tratta di una camionetta militare statunitense lasciata sul suolo filippino dagli americani durante la seconda guerra mondiale e convertita in veicolo di pubblica utilità. I filippini l’hanno fisicamente allungato, riempito di disegni e scritte spesso a sfondo religioso del tipo ‘God bless you’. Puoi salire sul Jeepny quando vuoi, basta mettere fuori la mano, scendi allo stesso modo quando preferisci, basta dire “para po!”. Paghi tramite passamano, allunghi 10 pesos alla persona seduta al tuo fianco che passa i soldi alla persona dopo e così via,  fino ad arrivare al conducente. Se c’è resto ecco che i soldi tornano indietro allo stesso modo. Un mezzo di trasporto meraviglioso che sintetizza anche la capacità dei filippini di reinventarsi e fidarsi l’un l’altro.
Il gruppo che mi ha ospitato, e in cui ho fatto la residenza, credo sia cambiato molto dalle sue origini e, al momento, ho l’impressione che stia vivendo un periodo di visibilità e successo mediatico a discapito dello spirito e dell’autenticità storica con cui è nato. Originariamente, infatti, 98B aveva base nello studio dell’artista Mark Salvatus (98B era il civico dell’indirizzo), ora ha sede nel quartiere di Escolta all’interno dell’edificio della First United Building Corporation (FUB), un edificio risalente al 1928, posizionato all’inizio di una via ricca di edifici considerabili patrimonio architettonico  e culturale di importanza nazionale, buona parte in stato di abbandono. FUB insieme a 98B partecipano al processo di “riqualificazione” del quartiere. Tra i vari argomenti trattati nella pubblicazione si affronta anche il tasto dolente della gentrification.
Mentre ero a Manila, l’università delle Filippine Diliman (UP) ha ospitato in un campo temporaneo vicino all’Accademia di Belle Arti un gruppo di Lumad, indigeni o nativi del sud delle filippine. Lumad in tagalog significa “nativi” o “indigeni”, si tratta di indigenous people (IP) considerati anche National Minorities. In questo periodo stanno avendo enormi problemi a causa delle multinazionali che con l’aiuto dell’esercito stanno distruggendo i loro territori, le loro scuole, assassinano i loro leader. Durante il periodo della loro residenza a Manila, i Lumad hanno incontrato gli studenti, diffuso informazioni circa la loro attuale situazione, organizzato workshop e attività culturali, momenti di discussione, concerti ed esposizioni.
Una parte della pubblicazione (Land and Neighborhood) realizzata a Manila è dedicata all’esperienza con i Lumad, l’altra invece riguarda il quartiere di Escolta e 98B: due differenti casi di identità culturale filippina, che preludono anche a due diverse tipologie di artista sociale.
Da un lato l’artista per la comunità inerente al caso di Escolta e 98B, che si prodiga all’interno dello spazio urbano collaborando con diversi attori sociali, specialmente quelli benestanti e che ricoprono posizioni di potere, di modo da promuovere un’arte inclusiva ma soprattutto internazionale e alla moda, in grado di richiamare attenzione e convogliare persone nel quartiere, al fine di rivalorizzare il patrimonio architettonico e culturale della città. L’altro è l’artista ng Bayan, inerente all’esperienza con i Lumad. Bayan significa sia ‘people’ sia ‘land’. L’artista ng bayan è difatti un artista militante, attivista e anti-capitalista, che lavora e si muove con l’obiettivo di emancipare le masse, promuovere consapevolezza fra le persone, spirito critico e solidarietà verso le minoranze, agendo in nome di un cambiamento dal basso nella logica della giustizia sociale.

Come hai organizzato tutti i materiali raccolti? 

I materiali utilizzati sono stati raccolti anche in questo caso in maniera non eccessivamente programmata. Raccolgo e colleziono, dopodiché, quando arriva il momento di impaginare, seleziono i materiali che ritengo più eloquenti, al fine di creare una narrazione basata su diverse fonti e documenti eterogenei. Nel caso della pubblicazione Land and Neighborhood le narrazioni sono due: quella inerente ad Escolta e 98B, quindi prevalentemente conversazioni registrate, testi scritti in prima persona, documenti d’archivio (reperiti al Lopez Memorial Museum Collection) e oggetti d’uso quotidiano (amuleti, fiori, pettini, cibo confezionato, etc.) e quella riguardante l’esperienza con i Lumad, interviste, manufatti delle popolazioni Manobo (collane e braccialetti), libri, brochure, volantini, bandierine, fotografie, etc.
Ci sono inoltre le autoproduzioni realizzate presso la Philippine Association of Printmaker, monotipi che ho utilizzato per la copertina e per le pagine centrali della pubblicazione. Ora che sono tornato in Italia mi dedico all’inventario di tutti i materiali raccolti e lentamente li riorganizzo un’altra volta. 

Dopo Manila cosa ti aspetta? Ci sono altre realtà che ti piacerebbe raccontare attraverso il tuo lavoro?

Sto lavorando a un altro progetto editoriale, un diario che ho scritto durante l’esperienza di ‘operatore addetto all’accoglienza’ presso il Centro Accoglienza Straordinario (CAS) di Vedeseta, un piccolo paesino montano in provincia di Bergamo. Un diario che incomincia con l’apertura del Centro a settembre 2015 e si conclude a ottobre 2016. Il diario sarà lo scheletro di un corpo eterogeneo di contenuti e partecipazioni inerenti all’esperienza con i richiedenti asilo a Vedeseta.