GEMINE MUSE
 

PAVIA - Museo Civico
Pavia, Musei Civici, Sezione Romanica, sala IX
Portali della cattedrale di Santo Stefano

Il portale, nella chiesa medievale, contiene generalmente il massimo della decorazione, assolvendo alla funzione di ingresso nella casa del Signore e, simbolicamente, di inizio del percorso verso la salvezza. I tre portali della cattedrale romanica di Santo Stefano, sopravvissuti alla demolizione della facciata della chiesa alla fine dell'Ottocento, furono ricomposti in museo a testimonianza della maestria dei lapicidi medievali e di una stagione culturale particolarmente fervida per Pavia. Databili al primi decenni del XII secolo, essi si compongono di fasce digradanti, alternativamente in calcare ed arenaria, fittamente decorate con intrecci continui di nastri e figure animali ed umane. Il tipico repertorio dell'immaginario medievale, tracciato con una tecnica "ad intaglio" avvicinabile agli esiti dell'oreficeria, si dispiega negli elementi verticali e curvilinei, e culmina nelle figure degli arcangeli ad ali spiegate nelle lunette, "angeli custodi" che accompagnano il fedele oltre la porta del Cielo.

Pavia, Musei Civici, Sezione Romanica, sala IX
Capitelli dalla chiesa di San Giovanni in Borgo

Gioiello del romanico pavese, la chiesa di San Giovanni in Borgo venne demolita nel 1818, quando ancora non era sviluppata la coscienza alla salvaguardia delle prestigiose testimonianze del passato. Il museo oggi supplisce alla perdita esponendo quanto sopravvisse alla distruzione, in particolare il corredo architettonico-decorativo: i capitelli interpretano l'antico repertorio di elementi vegetali del classico stile corinzio nel registro stilistico medievale, che sintetizza la varietà e la tridimensionalità del reale in forme semplificate ed entro percorsi geometrici. La scultura perde di rilievo, pur non rinunciando ad offrire un raffinato gioco di luci e ombre dato dai profondi intagli e dalle superficiali incisioni che riproducono sinteticamente e simbolicamente la natura.

Pavia, Musei Civici, Quadreria dell'Ottocento
Cesare Benevello della Chiesa (Torino, 1788-1853), Galileo in carcere, olio su tavola, cm 59,5x48,7

Lo scienziato toscano nella galleria nazionale ottocentesca degli "uomini illustri" ha una sua posizione di prestigio, riconoscendo la portata rivoluzionaria delle sue idee e l'azione di stimolo al progresso scientifico che l'esempio della sua vita poteva offrire alla nascente nazione italiana.. Galileo, vecchio, malato e ormai cieco, è condannato al carcere dal tribunale romano dell'Inquisizione nel 1633 per la pubblicazione del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, in cui, seppure come "pura ipotesi matematica" era presentata la teoria copernicana dell'eliocentrismo, già condannata dal Santo Uffizio. Galileo incarna quindi il prototipo dell'uomo illuminato che, basandosi sulla propria ragione e confortato dall'osservazione del reale, non teme il confronto con il passato, con le auctoritates e le false credenze, giungendo a pagare con la vita il prezzo della propria onestà e libertà intellettuale.