GEMINE MUSE
 

UDINE - Galleria d'Arte Moderna
L'opera prescelta da Daniele Devoti
Lucio Fontana (Rosario di Santa Fe 1899 - Comabbio 1968)
Taglio bianco, 1959 ca.

cementite su tela, cm. 80 x 100
Emblema della ricerca concettuale dello Spazialismo, la nuova estetica elaborata da Fontana in sei manifesti teorici (1947 - 1953) che si impose come un vero e proprio movimento internazionale di ricerca d'avanguardia, il taglio bianco compendia l'attitudine dell'artista tesa a oltrepassare i limiti del quadro e i vincoli dell'esperienza visiva. La pittura si compendia nell'essenzialità del segno; l'austerità della tela bianca pone in risalto la percezione puramente intellettiva dell'opera.

L'opera prescelta da Monica Faccio
Mario Schifano (Homs, Tripoli, 1934-Roma, 1998)
Palma, primi anni Settanta
olio e acrilico su tela, cm. 207,5x104,5

L'enorme palma trasudante traccie di colore diluito, domina con la sua bianca sagoma in negativo il fondo violaceo, simulando gli effetti di una riproduzione fotomeccanica e campeggiando gigantesca come simbolo massmediatico: per Schifano natura e realtà sono concepite attraverso un filtro sensoriale, come fosse uno schermo artificiale, quale il riquadro televisivo, utilizzando fotoimpressioni e fotomontaggi per le sue opere pittoriche maturate nel clima della "Nuova Oggettività".

L'opera prescelta da Carlo Vidoni
Alberto Savinio (Atene, 1891-Roma, 1952)
Torna la Dea al suo tempio, 1944
tempera su compensato, cm. 51x40,5

Emblematica del genio multiforme e metafisico di Savinio, il cui immaginario si articola tra referenze letterarie e filosofiche, la rilettura del mito greco si traduce in un paradiso perduto e in un impossibile ritorno all'infanzia, che solo attraverso il sogno, ovvero a uno stato di coscienza più profondo, può rivivere nel presente. In questo dipinto la dea Atena dalla testa di civetta ritorna al suo tempio abbandonando il mondo degli uomini ormai non più in grado di cogliere la presenza del sacro sulla terra e, come in ogni opera dell'artista, il senso del tragico e della perdita irreversibile della bellezza e saggezza del mondo, si traduce in garbato distacco e divertita ironia.