GEMINE MUSE
 

MODENA - Palazzo dei Musei
La raccolta di tessili antichi
Nel 1886 il nobile modenese Luigi Alberto Gandini (1827-1906) donò al Museo Civico di Modena una collezione di frammenti tessili composta da oltre duemila frammenti. La raccolta fu sistemata nelle vetrine addossate alle pareti di un'apposita sala decorata dal pittore Andrea Becchi (1849-1926), dando vita ad un insieme unitario di grande suggestione mantenuto sostanzialmente intatto anche nell'ultimo recente riordino del museo (1980).
Stoffe, passamanerie, merletti e nastri, furono selezionati da Gandini in un clima positivista che, associando problematiche come l'educazione, il progresso e l'industrializzazione, riponeva nel museo un imprescindibile valore di pubblica utilità. Il conte, in effetti, mirava non soltanto a documentare la produzione tessile in Europa tra l'XI e il XIX secolo, ma a riaccendere nelle nuove generazioni il desiderio di ripristinare un'attività che aveva avuto un passato tanto glorioso. Dietro ad un'apparenza di volubilità e frivolezza, stoffe e merletti celano le immense risorse di un comparto produttivo che mette in campo, oltre a forze lavoro, anche l'impiego di tecnologie assai elaborate.
La collezione è tuttora in corso di riallestimento e di studio: sono esposti attualmente i frammenti databili tra il XVII e XIX secolo e la sezione dedicata a pizzi, ricami, nastri e galloni, i tessili di epoca medievale e rinascimentale sono invece al momento in corso di restauro.

IL LAPIDARIO ROMANO DEI MUSEI CIVICI DI MODENA
Allestito nella primavera del 2002, grazie ad una collaborazione fra Soprintendenza ai Beni Archeologici dell'Emilia Romagna e Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena, il lapidario romano conserva testimonianze rilevanti di Mutina, una delle città di maggiore prestigio e ricchezza dell'Italia settentrionale in età romana. Il percorso è organizzato attraverso i resti monumentali delle necropoli di Mutina e del vicino territorio, trovati a partire dagli anni '60 del novecento. I monumenti funerari e le epigrafi, databili fra I secolo a.C e III secolo d.C., ci restituiscono l'immagine di un passato glorioso, storie lontane di uomini e donne, di severi militari o di ricchi e munifici commercianti che secoli e secoli fa, in questi stessi luoghi e lungo quella via Emilia, che ancora oggi rappresenta il cuore pulsante di Modena, hanno dato origine alla città.
Il lapidario romano dei Musei Civici è complementare all'attiguo lapidario Estense, che conserva i resti monumentali di Mutina trovati in varie occasioni a partire dal tardo medioevo, anche per le caratteristiche del percorso. Un minuzioso apparato didascalico, accompagnato da una guida consente infatti al visitatore la comprensione dei resti dei monumenti funerari e la lettura delle epigrafi. La consultazione di un CD Rom nelle vicine postazioni permette inoltre di acquisire una consistente serie di ulteriori informazioni.

La raccolta di armi antiche e fornimenti da cavallo
La donazione del marchese Paolo Coccapani Imperiali (1898) costituisce quasi per intero la raccolta di armi antiche, di provenienza prevalentemente europea, comprendente armi da fuoco, armi bianche e armi in asta, databili per la maggior parte, tra il XVII e il XIX secolo. Alcuni materiali, di produzione locale, attestano l'elevato livello qualitativo espresso dalle officine del ducato estense dove furono attive famiglie di archibusari, come i Beneventi di Spilamberto e i Buoni di Cavriago, e abili artigiani, come Rinaldo Cavicchioli e il versatile Antonio Apparuti noto anche come costruttore di strumenti musicali.
La raccolta di fornimenti da cavallo, formata da staffe e sproni e, soprattutto, dal consistente gruppo di morsi appartenuti a Francesco Petermayer, maestro delle scuderie ducali nella prima metà dell'Ottocento, riveste un singolare interesse per la ricchezza delle tipologie presenti in numerose varianti. Gli esemplari, databili tra il XIV e il XIX secolo, evidenziano l'originalità delle soluzioni tecniche e formali studiate per adattare il morso non solo ai diversificati impieghi del cavallo, ma anche al carattere del singolo animale di cui doveva esaltare le qualità e correggere i difetti.
I materiali sono ordinati in una sala che ha mantenuto sostanzialmente inalterato l'assetto espositivo ricevuto all'inizio del Novecento; al centro è collocato un elegante sediolo, ossia un calessino a posto unico, opera dell'intagliatore parmense Antonio Luigi del Buttero (1765 - 1853).