GEMINE MUSE
[critici]
 

TORINO - Palazzo Reale
Non era mai successo che l'arte contemporanea entrasse a Palazzo Reale.
Nelle splendide sale in cui affreschi, arredi, tessuti, intarsi e porcellane mescolano la storia reale d'Europa dal Cinquecento al Novecento, quella passata per Torino come capitale del Regno Sabaudo e poi d'Italia, sono arrivati Maura Banfo, Paolo Piscitelli e Saverio Todaro. Giovani artisti piemontesi che hanno provato a dialogare con l'atmosfera e l'esuberanza estetica di Palazzo Reale. Maura Banfo ha scelto la "sala delle feste" voluta da Carlo Alberto negli anni 30/40 dell'Ottocento : lì ha ambientato la sua favola, una festa magica rivolta a tutti, dove una ballerina di carillon offre un invito a palazzo attraverso il tempo.
All'ingresso del pubblico nella sala s'accendono le luci e parte la musica, mentre cento multipli d'autore sono sparsi per la città, come inviti che rendono accessibile un luogo rimasto per secoli lontano dalla gente: una festa aperta e un regalo d'artista. Paolo Piscitelli, invece, ha lavorato con il suono sul rapporto fra pieni e vuoti nella "scala delle forbici", disegnata nel Settecento da Filippo Juvarra. I suoni registrati in una grotta si amplificano e riempiono il vuoto architettonico della struttura di passaggio tra i piani, trasformata in una cassa armonica, mentre una diffusa illuminazione ambrata annulla la massa plastica. Lo spazio viene ridefinito e invertito, con un'installazione di audio e luce che si sovrappone aerea alla scala. Infine, Saverio Todaro, che con la sua installazione traccia l'albero genealogico dei Savoia. Una spessa linea di blocchi di cemento si snoda fra la "sala del trono" e la "sala delle vittorie", nasce dal trono reale e sfocia verso il pubblico. Sopra, trentasette bavaglioli in tessuto mimetico portano ricamati in rosso i nomi
di regnanti e rispettive consorti. Una struttura che rimanda all'architettura come simbolo di potere, alle fondamenta del gioco tra guerra e dominio. Ma anche a un muro crollato.

Olga Gambari