GEMINE MUSE
[critici]
 

PAVIA - Museo Civico
Le testimonianze romaniche di Pavia hanno una forza di seduzione materica che a tratti sembra rallentare il tempo e farlo tornare sui suoi passi.
È dunque la pietra romanica a ispirare Eco di Giovanna Fra, in cui la pittura gestuale si manda richiami rituali dalla cornice dei portali di Santo Stefano e di Santa Maria del Popolo, elevando a potenza il senso del limen e del sublime ad esso legato. Il tocco sapiente di Giovanna Fra piega l'informale a una pensosità che inibisce il decorativismo, e dunque contrappone al blu oltremare prezioso la povertà della cenere mista all'argilla, spatolata quasi fosse calce, nonché il silenzio del bianco della tela non trattata.
Alla pietra romanica guarda come memoria Alessandro Roma, con il piglio però disincantato che è del postmoderno. Il medium pittorico è impiegato secondo un linguaggio ipertestuale, che apre icone e frammenta la lettura: capitelli romanici sono dunque riproposti nella loro sequenza museale, ma la pittura a olio si fa sgarbata e ne confonde la forma, perché il ricordo rifugge ogni certezza. Piuttosto, nitido è il profilo smaltato delle basiliche gemine che attraversa le tele, ricomponendosi in una sorta di puzzle e oggettivando la memoria personale in storia.
Frammentazione cui ricorre anche Jacopo Rovida, ma secondo i modi sincopati della video art. Il punto di partenza qui cambia, è un dipinto ottocentesco che ritrae Galileo in carcere, le orbite cieche rivolte a disegni sul muro. Il protagonista del video ricerca un'armonia cosmica da tradursi in partitura musicale, ma i suoi tentativi sono frustrati da un unico tassello mancante che lo imprigiona in una dimensione spazio-temporale immutabile. Il nastro è pronto a riavvolgersi in una circolarità che non concede scampo, la filastrocca riparte perché la chiusa e l'incipit trovano coincidenza nella stessa scatola tridimensionale.

Silvia Ferrari