FORLI'
- Pinacoteca
e Musei
Un
pittore del passato, ormai in età avanzata, si autoritrae allo
specchio.
"Guardarsi guardare" in uno specchio implica il coraggio di
instaurare un rapporto diretto con la propria identità, riprodurre
la realtà di se' stessi proiettata su una superficie riflettente
significa affermare senza mezzi termini "questo sono io, qui, ora
e sempre".
Così, necessariamente, Palmezzano non può escludere dall'immagine
la tavolozza e il pennello, tutto sembra avvenire in contemporanea,
l'operazione del "guardarsi guardare" e del fissarsi sulla
tela fanno parte di un unico momento di scoperta della propria identità,
l'autoritratto del Palmezzano comunica insomma la sensazione di un artista
che si abbandona alla pittura senza perderne il controllo, che è
tutt'uno col mezzo attraverso il quale ha scelto di svelarsi.
Silvia Camporesi, Giulia Moretti e Paolo Pennuti sono tre giovani artisti
(che operano con tecniche diverse) costretti a confrontarsi con il dipinto
del Palmezzano, operazione doppiamente complessa perché, secondo
i dettami del critico, devono tentare di autoritrarsi senza prescindere
da una riflessione su di un autoritratto di un pittore del passato.
Certamente nessuno dei tre rinuncia ad affermare qualcosa di importante
sul proprio conto, svelando una parte della dimensione più intima
e privata di se stesso (Silvia costruisce un complesso sistema di immagini
simboliche che parte dai suoi sogni, Giulia mette in scena fino alle
estreme conseguenze le esitazioni e le incertezze che contraddistinguono
il rapporto con se stessa e con la pittura, Paolo non esita a tirare
in ballo immagini che documentano vicende personali e assai dolorose
come la malattia, senza ricorrere ad alcun tipo di filtro formale).
Eppure, diversamente dal Palmezzano, tutti e tre evitano di confrontarsi
con lo specchio, rinunciano al qui, ora e sempre della rappresentazione,
frammentano il loro autoritratto in più segni e oggetti che pur
manifestano la loro identità e mostrano i sintomi di un rapporto
più complicato, talvolta conflittuale con la tecnica usata.
Vi è dunque un problema che va posto sottolineando la differenza,
come già afferma Omar Calabrese, tra i concetti di "rappresentazione"
e di "rappresentanza".
Gli autoritratti nell'arte contemporanea, anziché essere rappresentazioni
delle sembianze dell'autore (come nel caso di gran parte dei dipinti
dei pittori del passato), sono sempre opere in rappresentanza del loro
autore, cioè metonimie che rinviano all'artista come personalità
globale e come tale irrappresentabile.
Davide
Ferri