PISA
- Museo Nazionale di San Matteo
Tra i primi lavori di Gionata Gesi figurano grandi
dipinti a fondo oro e di formato circolare su cui campeggiavano ritratti
di amici, ragazzi e ragazze suoi coetanei. Era come se si utilizzasse
un grande cannocchiale per inquadrare un momento reale rappresentato
talora distorto, un grande specchio convesso dove tutta la realtà
finalmente confluiva e circolava nel dipinto. Erano ritratti in sospensione:
una caotica esistenza e una quiete apparente. Era il momento in cui
Gesi passava dalla sperimentazione della rappresentazione pittorica
di persone e cose allo studio di paesaggi filtrati dall'occhio artificiale,
agli obiettivi utilizzati quasi come microscopi e cannocchiali.
Oggi Gesi lavora con la macchina fotografica digitale, che vira al rosso
ciò che nell'inquadratura è poco illuminato e che nell'immagine
fotografica verrebbe sinteticamente rappresentato come ombra e buio.
Ne nascono paesaggi contemporanei - nel senso dell'oggetto e del mezzo
- tradotti in pittura. Pittura poi cancellata nei suoi mezzi toni con
oro e bianco, eliminando la parte più rassicurante dell'immagine,
la morbidezza dell'evocazione e la dolcezza della consuetudine.
Per Gemine Muse Gesi ha scelto come artista di riferimento Francesco
di Traino. Nel piccolo trittico a sportelli, recente acquisto del Museo,
e nelle scene laterali del Trittico di San Domenico grande è
la capacità di narrazione messa a punto nel confronto tra personaggi
e contesti.
Come dagli elementi di natura e architettonici si muove il racconto
e si appella alla curiosità e alla sensazione di notorietà
di luoghi sperimentati e simbolici per se stessi (la Casa, la Camera,
la Campagna, il Fiume, la Città) così Gesi lavora sul
paesaggio privandolo di qualsiasi elemento di riconoscibilità
e mostrandolo, quasi, nel suo costrutto.
Un costrutto determinato dalla luce, che veste e vela gli ambienti di
bagliori e di campiture uniformi e dissimili per contrasto, che racconta
nuovi paesaggi e contesti possibili.
Ilaria
Mariotti