CAMPOBASSO
- Museo Provinciale Sannitico
La figura
di un guerriero sannita, fissata nella sua immagine di custode di quel
magico territorio che si nasconde al di là del Volturno, è
il tema sul quale sono stati chiamati a lavorare Ettore Frani e Marisol
Serago. È, in primo luogo, la verifica di un preciso rapporto
con quanto in questi ultimi decenni è accaduto in Molise, la
misura del rinnovamento operato da quegli artisti, oggi cinquantenni,
che all'alba degli anni ottanta hanno tentato nuove strade, nuovi approcci
sia sul piano dei linguaggi creativi, sia su quello dell'organizzazione
di un "luogo", vale a dire di un "dove" far abitare
l'arte contemporanea in Molise. Dalle opere di Frani e della Serago
affiora quell'impronta di "identità" molisana alla
quale, nelle pagine introduttive al volume Contemporanea, mi riferivo
per spiegare la coraggiosa azione di Venditti e di Marotta, al significato
di quel loro scavare nel profondo della tradizione per attingere la
linfa vitale, la sua originalità, nelle vicende di un secolo
così esplosivo e drammatico.
Il sentimento della natura è, per Frani e Serago, ancora il motivo
ideativo, la chiave di confronto dell'immaginario; non è, però,
l'approccio referenziale ai dati del paesaggio, bensì l'assunzione
di un tema più profondo, quasi inconscio che si dichiara come
pelle, come sotteso filo che serpeggia nelle nuove generazioni. Lo spazio
della natura, del quale il guerriero diventa figura, metafora di un
Io collettivo, assume un suo valore non formale quanto di dichiarata
attenzione ad un dettato espressivo-simbolico. Dettato che nei lavori
della Serago è tradotto dalla materia, dai granuli corposi che
l'artista lascia in superficie: un processo compositivo che è
già ben evidente in opere quali Nella materia n.5 o Nella materia
n. 1. Su una postazione creativa diversa opera Frani, le cui immagini
segnalano un più costante approccio con il dato visivo, con figure
che hanno una maggiore referenzialità, anche se avvolte da una
densità sognante, quasi di flussi gassosi che caricano l'impianto
compositivo di una aria visionaria. Per entrambi il guerriero sannita
altro non è che un motivo, un'occasione per attraversare la "sostanza"
di un uno spazio etico, del proprio essere nel presente, nel suo valore
di tempo storico.
Massimo
Bignardi