GEMINE MUSE
[critici]
 

TRAPANI - Museo Pepoli
L'indagine operativa di Daniela Lubrano si rivela orientata verso una ricerca volta a scandagliare le proprie esperienze mentali e ad analizzare la natura stessa dell'arte, secondo una metodologia ampiamente sviluppata dall'arte concettuale per la quale l'opera è essenzialmente un mezzo visivo utile a comunicare un atto mentale, di ricerca intellettuale, speculativo. Il rigoroso impegno dell'artista è tutto racchiuso nella ricerca di un archetipo, di una dimensione metafisica da raggiungere attraverso l'azione, la performance. Infatti nei suoi quadri di plastica l'azione intransigente dei tagli e la modularità del formato adottato, si configurano come una performance. Nei lavori pittorici e fotografici è sempre affiorante una metafisica dello spazio in cui la struttura complessa (la natura o la società) si organizza in schemi seriali con una semplificazione cognitiva tendente alla razionalità pura. La produzione più recente segue quella pittorica e calcografica degli "Ominipacchetto", in cui il corpo maschile appariva reinterpretato, manipolato, esibito con valenze iconiche. La manipolazione, come nella Body art che attrae particolarmente la Lubrano, approda ad una nuova forma, ad una dimensione post-organica. Anche la fotografia viene piegata dall'artista ad una manipolazione, non più della materia come nella pittura e nell'incisione, ma dell'immagine (tra i suoi interessi: l'operazione di Marcello Lì Antunez Roca, la fotografia di Andres Serrano e il cinema di Lynch). In modi paralleli al Sogno di Giacobbe, nella sua opera intitolata Sulla luce (omaggio al "Sogno di Giacobbe") l'immagine, iperreale e visionaria insieme, di una natura improvvisamente squarciata da bagliori luminescenti costituisce il prodotto artistico di una manipolazione.

Gaetano Bongiovanni