IL MUSEO
REGIONALE "PEPOLI" DI TRAPANI
Sin dalla
sua origine il museo è allocato nell'ex convento dei PP. Carmelitani
della SS. Annunziata, una fabbrica che mostra gli austeri caratteri stilistici
del tardo-rinascimento, pur avendo subito aggiunte ed abbellimenti dal
1315 circa, anno della sua costruzione, al '700 inoltrato. Inaugurato
nel 1908, il museo è intitolato al fondatore Agostino Sieri Pepoli
che nel 1906 aveva avviato l'istituzione donando alla sua città
natale, Trapani, le proprie collezioni costituite da reperti archeologici,
opere artistiche eterogenee e, soprattutto, manufatti d'arte decorativa
ed applicata. Tale nucleo collezionistico seguiva quello della quadreria
Fardella, donata alla municipalità trapanese nel primo Ottocento
dal generale Giovan Battista Fardella, ministro di Ferdinando I e poi
di Francesco I di Borbone a Napoli. La quadreria, formata soprattutto
da dipinti di scuola napoletana tra '500 e '700, fu notevolmente arricchita,
quando già apparteneva al Comune, con le opere pervenute dalle
congregazioni religiose soppresse con la legge Siccardi (7 luglio 1866).
Al piano
inferiore sono esposte le collezioni epigrafiche e di scultura, insieme
ad altri manufatti che per le loro dimensioni non avrebbero potuto trovare
idonea collocazione al piano superiore. Tra le epigrafi numerose sono
quelle arabe, già trascritte e interpretate da Michele Amari, come
quella datata all'XI secolo che riporta una citazione coranica. Di notevole
interesse è anche la copertura lignea di un piccolo ambiente (una
torre o una cappella) i cui motivi decorativi di gusto mozarabico sono
raffrontabili con quelli del soffitto della cappella del castello di Mesones
de Isuela a Saragoza. Nell'aula capitolare sono stati sistemati alcuni
significavi esempi della scultura siciliana del rinascimento, debitrice
del rinnovamento linguistico operato agli inizi della seconda metà
del '400 dal bissonese Domenico Gagini e dal dalmata Francesco Laurana.
Si evidenziano l'Aquasantiera (1486) scolpita da Gabriele di Battista
e Antonio Prone, recante un vascello in bassorilievo con riferimento alla
comunità dei marinai trapanesi; al 1522 si data la statua di San
Giacomo Maggiore, messa in opera da Antonello Gagini negli anni della
sua maturità, palesata da forme ampie e classicheggianti solcate
da delicati passaggi chiaroscurali. Uno "scalone magnifico",
espressione delle prime forme decorative barocche, realizzato in marmo
di libeccio, conduce al piano superiore. Nella prima sala è la
notevolissima Pietà del napoletano Roberto di Oderisio, opera che
riflette la cultura pittorica partenopea influenzata da Giotto e da Maso
di Banco. Ma l'opera che rappresenta il massimo livello la pittura locale
fra lo scadere del '300 e il primo '400 è il Polittico, già
nella chiesa trapanese di Sant'Antonio Abate, da cui prende il nome l'ignoto
pittore: il Maestro del Polittico di Trapani, un artista del luogo che
si ispira ai pittori senesi, pisani e ad Antonio Veneziano.
Nella stessa sala sono alcune parti del soffitto ligneo quattrocentesco,
già nella chiesa di Sant'Agostino a Trapani, con figure fantastiche
e bizzarre tratte dai bestiari medievali. Nelle successive sale della
pinacoteca spiccano per qualità la tavoletta cinquecentesca con
la Deposizione nel sepolcro, di influsso michelangiolesco e forse in origine
un bozzetto, del senese Marco Pino e il San Francesco stigmatizzato attribuito
a Tiziano ma verosimilmente della sua bottega. La cultura pittorica locale
del Seicento trova espressione nel naturalismo di Giacomo Lo Verde e soprattutto
di Andrea Carreca le cui opere, come il Sant'Alberto carmelitano qui esposto,
costituiscono il frutto di una sintesi formale dei linguaggi del Novelli
e del Van Dyck. Ad un ignoto pittore caravaggesco di area francese è
riferibile il Miracolo di Sant'Isidoro Agricola , mentre alla maturità
di Massimo Stanzione si lega il volto della Vergine, tracciato senza idealizzazione
attraverso vibrazioni di ombre di marca naturalistica, tipiche della scuola
napoletana del tempo. L'Ottocento pittorico è rappresentato da
opere del palermitano Giuseppe Patania e del trapanese Giuseppe Errante;
al 1902 circa si data il Ritratto di Nunzio Nasi di Giacomo Balla, dipinto
in una fase di sperimentazione divisionista di poco precedente all'esplosione
futurista. Un ritratto questo di una modernità travolgente, che
fissa nello spazio pittorico l'istantaneità carpita come in un
inquadratura fotografica. Le collezioni più note del museo sono
tuttavia costituite da quelle relative alle arti decorative ed applicate.
Le figure da presepe del trapanese Giovanni Matera testimoniano una notevole
sensibilità creativa, profondamente ispirata alla realtà.
Dello stesso autore una caratterizzazione di timbro barocco mostrano invece
i gruppi con la Strage degli Innocenti. Mentre il Matera lavora materiali
poveri (legno, tela e colla), i fratelli Andrea ed Alberto Tipa preferiscono
comporre i loro presepi con alabastro, avorio, corallo ed altri materiali
marini, mostrando un eccezionale gusto polimaterico. Al momento di maggiore
diffusione della pesca e della lavorazione del corallo trapanese, intorno
alla metà del XVI secolo, si collocano le più antiche testimonianze
artistiche delle maestranze locali. Nei manufatti del '500 e del '600
il corallo è in rapporto cromatico con lo smalto bianco, verde
e azzurro; tra '600 e '700 il corallo diviene presenza centrale, come
nella grande Saliera opera di collaborazione tra argentiere e corallaio
sul probabile disegno di un architetto barocco (Paolo e Giacomo Amato).
Di grande intensità espressiva è il Crocifisso del primo
'600, di Matteo Bavera, realizzato, ad eccezione delle parti più
esterne del perizoma e delle braccia, in un unico pezzo di corallo: il
volto di Cristo spirante assume sembianze estatiche come nella più
diffusa scultura barocca. La collezione di argenterie e di oreficerie
proviene in gran parte dal tesoro della SS. Annunziata (Madonna di Trapani):
ne è un esempio il Piatto d'argento, lavoro di spigliato gusto
manieristico di Elias Lencker, abile argentiere di Norimberga. Alla bottega
messinese dei Juvara appartiene il Calice con episodi del Vecchio Testamento.
Tra le oreficerie alcuni pezzi si ispirano alla moda spagnola, mentre
altri costituiscono il prodotto più caratterizzato dell'oreficeria
siciliana che predilige gli smalti, le perle e le pietre preziose, a volte
legate insieme da un gusto polimaterico reso ancora più accattivante
dalle variazioni cromatiche. Tra questi si segnalano il Pendente con un
grande smeraldo al centro attorniato da fiori di zagara smaltati, il Pendente
attribuito a Paolo d'Aversa in cui campeggia il fercolo di Sant'Agata
e il Pomader, contenitore di erbe aromatiche utilizzato dagli infanti
della nobiltà iberica e siciliana contro le infezioni.
Il grande Paliotto con coralli, raffigurante la facciata di un palazzo
manieristico-barocco, e i grandi pavimenti maiolicati con scene di pesca,
fra cui la mattanza, rimarcano l'articolato rapporto fra Trapani, la sua
produzione di arti decorative e il mare. La fortuna economica, e di riflesso
anche artistica, di Trapani è costituita principalmente dal legame
inscindibile tra questo estremo lembo di Sicilia ed il mare, come si evince
dal piccolo pannello maiolicato del '700, già nella chiesa di Santa
Lucia, in cui la città entro le mura è rappresentata in
una veduta a volo d'uccello, incastonata tra il verde territorio circostante
e il mare intensamente azzurro. Tale pannello suggella il percorso di
questo straordinario museo.
Gaetano
Bongiovanni
storico dell'arte
Museo regionale Pepoli di Trapani
Museo Regionale "Pepoli"
Via Conte A. Pepoli, 200
91100 Trapani
Orari
di apertura da lunedì a sabato: 9,00-13,30
Domenica e festivi: 9,00-12,30.
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