Caselli Francesca

Danza

Caselli Francesca

Destinazione

Bruxelles - Belgium

Periodo
-
Tornata
Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Workshop 60 days of improvisation con David Zambrano al Tictac Art Centre a Bruxelles. Successivo invito a prendere parte alla sua ultima creazione AGE, con altri 26 performers, andata in scena a Dicembre 2019. L'esperienza a Bruxelles è parte di un progetto di acquisizione di informazioni da condividere e praticare con i membri di ootherside collective con cui la danzatrice lavora e che ha permesso di presentare il nuovo progetto coreografico.

ENTE OSPITANTE

Il "TICTAC art center" è un centro d'arte alternativo a Bruxelles. È il nuovo luogo nel cuore dell'Europa dove arti diverse come la danza, la pittura, la creazione di costumi e altre arti visive si incontrano e coesistono sotto lo stesso tetto.

David Zambrano e Mat Voorter hanno deciso di aprire uno spazio emergente pieno di arte e ispirazione, il luogo dove incontrare altri artisti in diverse discipline da condividere e creare. Inoltre, sarà la scena principale dove Zambrano continuerà a condividere il suo lavoro pedagogico e artistico, e lo farà dal 2019 al 2028. Dopo più di 30 anni di viaggio per il mondo con le sue opere, Zambrano avrà come sede il centro d'arte TICTAC.

La trasmissione di metodi creativi per lo spettacolo e le arti visive sarà il punto focale. Per questo motivo, il TICTAC è composto da diverse aree attrezzate per ogni tipo di esigenza lungo tre diversi piani, tra cui un grande studio di danza di 300 metri quadrati, atelier, una galleria, più un cortile per stare all'aperto sotto la pioggia o il sole.

Il centro d'arte è offerto ad artisti con idee innovative e che sono disposti a condividerle in cornici di master class, workshop, corsi regolari, performance grezze e mostre d'arte visiva. Le attività del centro saranno un programma flessibile e regolare che permetterà agli artisti inaspettati che passeranno per la città di Bruxelles di poter partecipare con brevi preavvisi.

In questo modo, il centro d'arte TICTAC diventa un nuovo punto d'incontro per la comunità artistica, la casa che apre le braccia e accoglie artisti da tutto il mondo, un luogo d'ispirazione per condividere e continuare a crescere insieme.

Intervista

Il tuo collettivo Otherside Collective si basa sulla tecnica del Passing Through di David Zambrano, puoi spiegare in cosa consiste e come mai la avete scelta come base del vostro lavoro?

Il Passing Through non è solo una tecnica, ma anche un modo di vedere le cose e la filosofia di David Zambrano. Lo considero un maestro perché insegna non solo pratiche sul movimento, ma offre la sua maniera di vedere le cose che usa per tutto. Noi, tutti i membri del collettivo, ci siamo incontrati in un intensivo di Passing Trhough: un mese di formazione su quella tecnica, quindi è il nostro linguaggio in comune. Un lato in comune che ci permette costantemente di condividere tutte le cose che facciamo e metterle insieme. Perchè il Passing Through è fatto proprio per funzionare così. Più che una tecnica è una composizione di gruppo di improvvisazione. È una tecnica nel senso che è un insieme di regole di un gioco, che però non si può giocare da soli, ma solo in gruppo. Ti permette di utilizzare tutto quello che hai, ma di esprimerlo all’interno di regole che ti permettono di condividerlo e nutrirlo con i contributi di altre persone. Io potrei essere una ballerina classica e potrebbe esserci un ballerino hip-hop e un attore, ma, se tutti capiamo le regole, possiamo condividere quello che facciamo meglio, renderlo parte di una struttura di gruppo e performare insieme. Era un esempio estremo,  perché c’è una parte della tecnica legata al movimento, ma è più importante come usi lo spazio e come il corpo si connette allo spazio agli altri. Questa è la base pratica e filosofica del nostro lavoro. La parte filosofica che ci piace è una condivisione costante, David dice sharing is caring, cioè condividere è già prendersi cura di qualcosa. Quindi, quando ci troviamo, viviamo insieme e mangiamo insieme: è proprio una full immersion.

 

Come mai, come ballerina professionista, hai optato per l’improvvisazione nella danza rispetto ad un’altro stile?

Per me è arrivata come una necessità, ho iniziato con la danza classica, poi sono passata alla moderna e infine alla contemporanea. E ora mi piace l’improvvisazione, anche se comunque pratico e uso tecniche della danza contemporanea. Questo interesse deriva dalla necessità di non danzare in forme prefissate perchè  non le trovavo mai veramente mie. Le potevo sentire un momento, ma poi dovendo rifarle ancora e ancora perdevano la vita. Ora, attraverso l’improvvisazione, ho trovato il modo di stare dentro  coreografie e pose più fissate con un altro spirito e con la possibilità di farle sempre rivivere.  L’improvvisazione mi ha svegliata. Mi tiene presente, perché richiede di fare costantemente delle scelte. Se danzi secondo una partitura già composta potresti spegnerti, perlomeno una volta così mi succedeva, e per questo ho cercato l’improvvisazione, che mi mantiene viva e presente nello stare.

Ora questo modo di pensare sta in tutto quello che faccio. Ad esempio, quando insegno danza, perché è un modo di trovare se stessi molto più forte e diretto che seguire dei passi.


Il programma Movin’ Up ti ha permesso di partecipare al workshop 60 days of improvisation con David Zambrano, immagino sia stata una esperienza intensa sia a livello professionale che umano, puoi raccontarci come si è svolta e come ti ha cambiato?

Il primo elemento fortissimo è che si trattava di sessanta giorni effettivi, escluse le domeniche che erano gli unici giorni che avevamo liberi. Inoltre eravamo settanta in una sala grandissima,  tutto il giorno insieme. Il lavoro era totalmente di performare gli uni per gli altri, ovvero una constante performance, una costante esposizione e osservazione continua. È stato un esperimento sociale con delle dinamiche incredibili. Dal punto di vista personale, non avevo mai performato tutti i giorni di una settimana per altre persone. Dopo averlo fatto per 60 giorni arrivi non solo a sentirti a tuo agio, ma a saper usare la situazione, a servirti degli sguardi degli altri del pubblico. Quindi da “mi vergogno”- perchè nonostante sia il mio mestiere compiendo scelte in continuazione sentivo il giudizio- sono passata  “a mi sento a mio agio”, cioè non mi preoccupo più del giudizio, fino ad imparare ad usarlo, come uno strumento per portare le persone dove voglio io. È stato un lavoro personale grandissimo. E come me lo hanno fatto altre 70 persone. Poi a David piace molto la vibrazione alta, quando c’è energia, diceva “siamo palle di fuoco” cose del genere, quindi c’erano dei momenti orgasmici di energia altissima, e dei momenti in cui era difficile andare avanti ma non abbiamo mai mollato. Comunque la mole dell’esperienza è stata impressionante.

Voleva farci arrivare alla libertà personale, ma mantenendo un costante ascolto con l’ambiente e gli altri.



Com’è vivere come ballerina di danza contemporanea, sei soddisfatta o hai degli obbiettivi che vuoi raggiungere?

Sento che sono fortunatissima, perché faccio una cosa che mi piace fare. Però sento comunque di vivere una lotta per guadagnarmi le cose, come dei diritti da lavoratrice. Nel mondo della danza non tutti ti garantiscono il diritto di essere pagato. E se questo si verifica dentro il mondo della danza, figurarsi fuori, pensano che siamo in vacanza. Ma sono in grado di convivere con questa sensazione, che penso sia comune a tutti i miei coetanei. Visto che lo faccio per una cosa in cui credo, mantengo questa direzione e sono meno disposta a fare compromessi, tanto dico sarei pagata poco lo stesso. E quelle poche volte in cui sei pagata per fare qualcosa per cui sei riconosciuta è molto soddisfacente.