CAVALLARO ALBERTO, TRAMONTANA FEDERICO (DUO DUBOIS)

Dubois
Musica
Teatro

CAVALLARO ALBERTO, TRAMONTANA FEDERICO (DUO DUBOIS)

Destinazione

Gent - Belgium

Periodo
-
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Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Il Duo Dubois è membro dell'Advanced Master in Contemporary Music al KASK Conservatorium di Gent, sotto la guida dei musicisti dell'ICTUS Ensemble, una formazione di riferimento per la musica contemporanea a livello mondiale. Il progetto che ha permesso agli artisti di entrare a far parte di questo master, vede l'utilizzo di oggetti e di strumenti di piccole dimensioni per le composizioni a cui stanno collaborando con numerosi compositori in tutta Europa, per i concerti previsti in: Svezia, Serbia, Svizzera, Belgio, Danimarca, Lituania, Francia e in Italia.

ENTE OSPITANTE

L'Accademia Reale di Belle Arti (KASK) e il Conservatorio Reale costituiscono la scuola d'arte di HOGENT e Howest. La scuola riunisce studenti motivati e di talento con insegnanti eccezionali, artisti attivi, designer e teorici dell'arte e del design provenienti da tutto il mondo. I compiti principali della scuola sono lo sviluppo delle arti, l’istruzione e la ricerca in una prospettiva internazionale.

Intervista

Partiamo dall’inizio: come vi siete avvicinati alla musica e successivamente, come vi siete avvicinati fra di voi, iniziando a lavorare in duo? 

Alberto: Quando ti trovi nei percorsi di studio c’è sempre il bisogno di trovarsi un partner musicale, cosa che abbiamo notato essere sempre più difficile.

Io e Federico ci conosciamo da [una vita, ndr.], abbiamo anche fatto le scuole medie insieme: abitiamo in due paesi vicini ed il percorso iniziale è stato uguale per entrambi — abbiamo iniziato a studiare musica in un’associazione locale e poi abbiamo frequentato il Conservatorio di Vibo Valentia. Lì, vista la passione condivisa per la musica contemporanea, abbiamo iniziato a suonare insieme, avviando il progetto nel 2011 — sono già dieci anni che suoniamo insieme.

 

Wow! Anche perché ho visto che siete molto giovani, dieci anni sono un sacco di tempo.

Federico: Sì! Dopo il conservatorio a Vibo Valentia ci siamo spostati all’estero, lui in Francia ed io in Svizzera, ritrovandoci poi entrambi in Belgio per fare questo percorso insieme dopo due anni in posti diversi.

 

Siete riusciti a mantenere un regime di collaborazione attiva in questi anni in cui siete stati separati?

Federico: Assolutamente sì: io andavo in Francia ed Alberto veniva in Svizzera.

 

Come sta andando la vostra esperienza in Belgio, com’è la vita del musicista lì? Facendo la tara che questo non è stato un anno normale per nessun performer, ovviamente.

Alberto: Purtroppo non possiamo veramente rispondere — abbiamo vissuto questo primo anno di studi praticamente a distanza. Addirittura, abbiamo dovuto rinunciare alle materie performative perché non si poteva performare, e nel momento in cui ci eravamo finalmente organizzati per fare un concerto con l’ensemble del nostro percorso di studi io sono risultato positivo al covid [ride].

Quello che ci ha aiutato veramente tantissimo in questo anno di pausa dalla vita reale del performer e dell’artista è stata la ricerca: i nostri mentori ci hanno spinto fortemente a cercare la nostra identità, poiché il mondo della musica contemporanea è molto vasto ed un artista anche a quest’età deve cercare la sua collocazione nell’ecosistema. 

È immediato ascoltando la vostra musica sentire che ha una forte componente concettuale: ci spiegate il vostro approccio? 

Federico: Per prima cosa ci piace pensare al duo non come due strumenti separati ma come un’unica entità, un unico mondo sonoro: il primo lavoro che facciamo è quello di cercare suoni comuni, sia con il sassofono che con le percussioni; solo dopo questa fase di ricerca sonora iniziamo a lavorare con i compositori.

Alberto: per fare un esempio pratico di quello che intendiamo quando diciamo ricerca sonora: se hai ascoltato qualcosa di quello che abbiamo registrato, chiaramente non senti il suono del sassofono di per sé — né delle percussioni, in effetti. 

Lavoriamo molto sul camuffare e cambiare l’identità degli strumenti: il sassofono non suona più come un sassofono ma in un altro modo, sfruttando anche molto la componente del rumore che è molto importante e ricorre spesso nei lavori che abbiamo proposto di recente. [Cerchiamo] quindi di spogliare gli strumenti delle loro vesti classiche, jazzistiche o popolari.

 

Ad un livello tecnico questo elemento trasformativo — il prendere uno strumento che produce una serie di suoni e cambiarli — come funziona?

Alberto: un esempio estremo è quello che abbiamo fatto in How to conjure the spirit of Lucy in three steps, via telephone di Alessandro Perini: lì ho usato il sassofono come un oggetto, rivestendo la parte della campana con una membrana ed andando ad imitare quindi quello che fa Federico con le percussioni. In più, in questo caso il compositore aveva sostituito collo e becco del sassofono (la parte dove avviene l’emissione dell’aria) con un mini-speaker realizzato in stampa 3D che emetteva delle frequenze che io modificavo con il movimento dei tasti. 

In questo modo il sassofono diventa uno strumento per la modifica di frequenze: quando diciamo ‘spogliare lo strumento’ intendiamo come in questo, in senso anatomico, tecnico.

 

C’è quindi una forte componente tecnologica — intesa soprattutto come attenzione verso il sistema strumento e quelli che sono i suoi limiti e confini.

Come siete arrivati a questa sensibilità?

Il sax è nato nella seconda metà del 1800 — è uno strumento giovane, non ha una storia ben definita. Le percussioni sicuramente hanno un’identità in orchestra, anche se poi dei grandi compositori hanno scritto specificamente pezzi per percussioni.

Ci siamo trovati in un certo senso limitati, perché per la nostra formazione non esiste un vero e proprio repertorio: abbiamo due o tre grandi pezzi a cui siamo legati, ma in un percorso che guarda al futuro c’è bisogno di guardare a chi scrive musica oggi, ed è così che è nata la nostra collaborazione con i compositori. 

Da lì è stata una cosa reciproca: sia i performer che i compositori a cui guardiamo non sono interessati ad un suono concreto — per concreto intendo una situazione in cui l’ascoltatore riesce a distinguere perfettamente ciò che stiamo suonando, come lo stiamo suonando e come si arriva a quel suono.

C’è quindi l’intenzione di proseguire questa ricerca con combinazioni di suoni, strumenti aumentati, l’aiuto della tecnologia.

 

C’è qualche progetto a cui vi siete dedicati particolarmente durante questo percorso a Gent?

Federico: a Gent l’attività principale è stato uno sviluppo della nostra collaborazione con i compositori per produrre musica nuova: all’interno di questa cornice vivono diversi progetti, come quello di utilizzare setup percussionistici molto limitati, come un singolo tamburo — stiamo lavorando ad un progetto in cui sullo stage ci saranno solo un tamburo ed un sassofono. 

Poi inizieremo a lavorare con Zeno Baldi, che vedrà il duo collaborare con una figura che, oltre al mestiere di “comporre”, collaborerà anche dal punto di vista performativo — in questo caso il duo diventerà quasi un trio.

Duo Dubois