Ricordo a memoria di un'apertura

Ricordo a memoria di un'apertura

E se poi fossimo scritti solo sugli asciugamani che riconoscono ogni sera il nostro viso? E se tutte le parole, cui decantiamo della nostra traboccante figura umana, restassero li attaccate al tessuto, che ossessivamente laviamo, cambiamo, ricompriamo? Asciughiamo il nostro nome, come fosse argenteria colta. Collezioniamo il suo significato in credenze di legno massello generazionale. Esporre tesori nei boschi spaventa. Allora chiusi, stiamo in casa in questo tempo che massacra. Non ci sono più custodi fedeli per segreti di ossa. Anni sotto vetri oscurati. Giorni importanti che viaggiano dietro con la scorta. Incapaci di difendersi da soli. Un'omicidio di momenti poi sotterrati, senza disegni di mappe. Eravamo pirati pigri, quando era ora di sottoscrivere la x. Ora siamo figli di quei pirati, senza coraggio, e senza pelle. Trovare i cadaveri morti dei nostri ricordi, delle nostre immagini, dei nostri organi, è l'equivalenza di una stretta di mano con le nostre scuse, nascoste con gli occhi gonfi, nel ventre di madre terra. Scavo. Scavi. Adesso. C'è Atlantide da far riemergere, con i suoi occhi neri, bellissimi. Una città di pieni. Atlantide non è finita. Sono pronta a prenderne il progetto in mano. Ad attaccare le scale che mancano per scendere. Riemergi. Scavo tutto, anche se non ho una carta giusta. Tanto ci si ricorda sempre il punto esatto dove si è lasciate le cose, abbandonate a passi felpati. Ricordandoci però di lasciare orme abbastanza profonde, da avere la possibilità di ritornarci. Le tradizioni hanno salvagenti di seta. Attaccati li, possiamo fotografare ciò che era e mangiarci ciò che sarà. Ora, comunque, scavo.