Cristina Donati Meyer

Impressioni d’arte su Cristina Donati Meyer
Cristina, seguace di Cristo in latino, ma posseduta dal diavolo, il demonio del male di vivere terreno.
Quel male che trafigge ogni essere Celeste costretto nell’armatura della carne.
Un’armatura che tuttavia non serve a proteggerla dai colpi inferti dai coltelli e dalle lame brillanti rosso sangue.
Stiamo parlando forse di una pazza dedita all’arte? No, stiamo parlando di una ragazza pura nell’animo che non trova il suo posto in terra e ciò la costringe a ricercare la sua nicchia altrove.
Cosa fa uno di questi esseri rari quando si trova sulla terra?
Si danna… i “dannati della terra”, come li chiamava Fanon.
Ma non si danna per la sua condizione materiale di fanoniana letteratura. Si danna nell’animo, si infligge sofferenze materiali per non sentire le falci che le trafiggono lo spirito e l’anima.
E trova un senso solo nell’arte, rifugio eterno di
Poeti, ubriaconi, scrittori, folli.
Quella cuccia le è sublime, la ovatta, l’allontana dalla materia, la eleva e la rende soffice come nuvole.
Solo l’arte, l’amore colorato e vergato sulla tela, sul muro, su un pezzo di metallo o di asfalto, di resina, consente a Cristina di respirare. E’ come un pesce levato di getto dall’acqua…ritrova l’acqua e il suo ossigeno immersa nei colori e nella creazione.
Torna a vivere nel mare della materia pittorica, dell’happening artistico, della creazione.
La passione che Cristina sprizza nelle sue opere è come la lama che affonda nella sua carne. La mano è la stessa ed è alla ricerca della vita, del senso della vita.
Un senso che per altri non esiste.
“Meglio morire di schianto che arrugginire lentamente”, recitava uno slogan punk degli anni 80.
Cristina ha deciso di non arrugginire , ma di brillare attraverso una pittura e una performance ambientale vive, che possono durare una frazione di secondo, ma parafrasando il motto punk “è meglio brillare un solo secondo sull’onda che restare opachi tutta la vita fondo al mare”.
La passione schizza in faccia a chi si pone di fronte ad un suo lenzuolo con il quale il colore ha fatto l’amore.
Tanto è timida e riservata nella vita che rifiuta, tanto è vitale e esplosiva sulla tela.
Cristina non dipinge, fa l’amore con la materia, quasi a tentare di riplasmare sé stessa per un mondo nuovo, migliore, un mondo che non esiste.
Così denuncia tutto il proprio disagio di una ragazza che non mangia animali in un mondo di carnivori, di un animale alato schiacciato tra mandrie che calcano saldamente il terreno, di un cristallo tra cocci di piombo, di un fringuello fra i cacciatori.
Approfittiamo del suo volo di farfalla, con la tenue polverina che le fa brillare le ali, perché come tutte le cose fragili è una fugace apparizione.
Oggi c’è, vola, domani non si sa.