Libertà
Libertà
Nella serie de "Gli ossimori del vivere" ricorro all'utilizzo di manichini che rappresentano sagome abbozzate della "non identità". Corpi alienanti, in cui soggettività e individualità si dissolvono, in antitesi concettuale con l'Umanesimo e la centralità dell'uomo. L'uomo perde il proprio ruolo e la propria dignità: da soggetto ("homo faber") diventa oggetto, parte dell'allestimento dell'opera, strumento di comunicazione di stati d'animo e condizioni universalmente traducibili. Volti inespressivi; corpi sagomati, ma anonimi lasciano il centro della scena ad emozioni primarie ed ancestrali.
In "Libertà" il corpo, veicolo espressivo di profonda e dilaniante angoscia, è paralizzato in una posa sofferta e spastica, impossibilitato nel compiere qualsiasi movimento.
La paralisi fisica, simbolicamente resa da bende gessate, spilli da sarto e dal piede fissato nel cemento, rimanda metaforicamente ad una paralisi morale e spirituale . Il corpo rimane in balia del dolore fisico, metafora espressiva di un dolore più profondo e straziante.
L'opportunità, sfiorata, di una completa/eccesso di Libertà porta l'uomo/manichino a ricadere nel paradossale stato di incapacità di scelta e alla paralisi; fisica, mentale, sentimentale.
La paura, o terrore, dell'errore.