Irene Di Gregorio

Nata a Padova nel 1983 da sempre manifesta interesse e passione per l’arte e la grafica. Diplomata con lode come Tecnico della grafica pubblicitaria, da più di dieci anni lavora nel campo della grafica e della comunicazione come grafica specializzata in multimediale e 3D artist. Ha avuto esperienze da grafica freelance e collaborazioni con uno studio fotografico.Esprime la sua creatività in molti modi: creazione di dipinti e disegni sia con materiali classici che con l’utilizzo della tavoletta grafica, creazione di opere su vetro e specchi, fotoritocco, fotomontaggio, mattepainting. È inoltre stata frontman di una band alternative metal con il ruolo di cantante e compositrice di testi.
Dal 2008 porta avanti il progetto artistico personale "L A M I N A" che prevede la creazione di opere materiche tramite la manipolazione di lastre metalliche e materiali di riciclo e uso quotidiano. Dopo un lungo periodo di intenzionale incubazione, nel 2014 Irene sceglie di aprire le porte del suo progetto al pubblico. Entra a far parte del GAI e comincia a partecipare a mostre e concorsi, tra cui, recentemente, le collettive presso la galleria Merlino Bottega D’Arte di Firenze e la Cripty Gallery a Londra.
Si impegna, in parallelo, nella promozione e diffusione della creatività giovanile nel territorio locale, con l’organizzazione di esposizioni ed eventi.
Il progetto nasce dall’esigenza dell’artista di riappropriarsi della matericità, della tattilità del fare, che contraddistingue e contrappone questo contesto di libera attività alla dimensione lavorativa di Irene, in cui la creatività è risolta entro il perimetro bidimensionale del monitor.A partire da un canovaccio grafico, vengono tracciati sulla lastra i confini di un soggetto che si pone come mero pretesto, elemento lineare rassicurante, che permette di non disperdere i gesti che vi si accumuleranno, ma anzi di conservarli amorevolmente. Sono tracce di un’identità che nel tempo si traspone sulla superficie metallica, attraverso un flusso mentale che viene domato dalla mano con raffinatezza, declinandosi attraverso le mille modalità della decorazione astratta, che smaterializza l’oggetto raffigurato. La bellezza di questa lavorazione sta nella sua lentezza, fatta dalla ripetizione infinita di gesti minuziosi, di giornate, come un frescante, che si giustappongono una all’altra.Come Irene stessa afferma, se il prodotto digitale è passibile di incessanti trasformazioni, revisioni, correzioni, che gli permettono di esistere contemporaneamente in mille posti e stati diversi, rendendo ambigua la sua essenza, queste opere, agli antipodi, sono caratterizzate da una irreversibile unicità: la lastra lavorata, e difficilmente modificabile, rappresenta un concreto dato di fatto, "ogni gesto è irripetibile, ogni errore irreparabile". E proprio nella sua ineluttabilità l’errore si trasforma in scarto, scheggia vitale, che testimonia della presenza dell’artista.Una volta terminata, l’opera di Irene non si chiude però in se stessa come un universo autoreferenziale e conchiuso, ma all’opposto si apre al gioco atmosferico, alla luce che con la sua impalpabilità accarezza le superfici, scivolandoci sopra, celando o evidenziando ad arbitrio dell’osservatore i dettagli della lavorazione, deflagrandone la compattezza. L’elemento luminoso può essere considerato come la finitura dell’oggetto, che però, attraverso un rovesciamento concettuale, consapevolmente smentisce le premesse di una ricerca materica, che viene ora sublimata dalla sostanza inafferrabile delle particelle luminose.L’opera unica ed irripetibile rinasce indefinitamente in mille possibili nuove vesti, tante quanti sono i tagli di luce possibili, tante quanti saranno i momenti che si vorranno cogliere.
Le opere di Irene non sono mai delle monadi a se stanti, dei pezzi unici, ma ereditano dalla sua passione per la musica il gusto per il ritmo, prendendo spesso e volentieri la forma, dispari, del trittico. Le opere dialogano fra loro, interagendo entro sequenze che sembrano voler a propria volta comunicare con l’esterno, suggerendo l’esistenza di una possibile risposta al loro andamento ternario, di altri immaginari sviluppi e variazioni sul tema che virtualmente completano l’opera, avvalendosi della fantasia complice dell’osservatore.