Lidia Bachis Lidia Bachis

Arti Visive
Lidia Bachis
Lidia Bachis
Città
Artena
Nazione di nascita
Italia
Provincia
Roma
Età
56
Profilo
Ieri, oggi e domani. La donna dipinta da Lidia Bachis Inconfessabili potrebbero risultare le azioni che le eroine di Lidia Bachis starebbero per compiere. Le vediamo pronte, in raccoglimento, accumulare la forza e l’energia per soddisfare la loro sete di vendetta. La loro fisicità spesso maschera le emozioni, le paure e elimina dubbi, quesiti e ripensamenti; sono determinate e forse non hanno mai avuto tanta serenità. La sua sembrerebbe una pittura irruenta, crudele, fisica, tutta giocata sul possesso della forza (le armi), invece è esattamente l’opposto: è una pittura compatta che coglie l’istante nel momento meditativo, magari prima dell’azione finale. È il fotogramma prima dell’apoteosi, è l’attimo meditativo, di chiara ispirazione zen, che suscita raccoglimento e consapevolezza; è la quiete prima della tempesta. I loro volti nascondono, dietro un trucco avvolte eccessivo e pesante, un’adolescenza tradita, un malessere diffuso, incubato e represso, pronto per esplodere. Sono vere e proprie dark ladies dei nostri giorni e non hanno nulla da perdere se confrontate con quelle che hanno popolato le pagine di tanta letteratura e di tanto cinema noir. Alla vecchia scuola di chiara derivazione romantica dei romanzi francesi d’inizio secolo e al cinema espressionista tedesco Lidia Bachis antepone una cultura e dei punti di riferimento differenti: questi li incrociamo sugli schermi dei computer, nei giochini della playstation, sulle pagine dei fumetti manga e nei fotogrammi dei cartoni animati giapponesi, nella musica irruenta e arrabbiata, nella moda antagonista punk e gotica e in quel malessere manifestato da una generazione che ha sofferto e che tuttora soffre dell’ingombrante peso ereditato da quelli che sono stati adolescenti negli anni a cavallo tra i sessanta e i settanta. Le battaglie politiche per la pace, l’uguaglianza e le priorità (il maggio francese, il sessantotto, la primavera di Praga, gli anni della lotta di classe e del terrorismo fino ad arrivare alla caduta del Muro di Berlino e a gli eventi tragici di piazza Tien a Men), hanno notevolmente ridotto, pur mettendo tutto a disposizione, il raggio d’azione, l’area entro cui muoversi. E in spazi ristretti (la superficie circoscritta dell’azione pittorica) si consuma la consapevolezza che quello che realmente attanaglia è la libertà. Per svincolarsi bisogna spezzare e distruggere tutte quelle resistenze che hanno prodotto questa claustrofobica situazione; bisogna creare un nuovo sistema con delle nuove regole e dei nuovi modelli. Tutto evidenzia la necessità della ricerca un percorso alternativo. Ciò che incute paura è questa strana combinazione di tranquillità apparente, ricerca e violenza premeditata che è descritta, con dovizia di particolari, nelle sue opere. Spesso la tela non riesce a contenere la figura ed è costretta a indugiare sui particolari: labbra, occhi, schiene, gambe, capelli, tatuaggi e occhiali tutti dipinti a forti contrasti e posti in primissimo piano quasi a voler evidenziare la dovizia di particolari con cui si sta premeditando l’azione, senza lasciare al caso nulla. La realtà è trasfigurata e quando risulta evidente, viene raccontata attraverso lo scintillio luccicante di alcuni particolari delle armi che non hanno una funzione rassicurante e protettiva anzi, dimostrano l’estrema fragilità dei loro detentori; queste diventano accessori insostituibili che caratterizzano il fascino delle ragazze rappresentate. Si assiste ad una rielaborazione in chiave moderna dei traumi e delle paure che tutti gli adolescenti di qualsiasi epoca storica hanno provato sulla loro pelle. Alle varie soluzioni meditate la Bachis antepone quella della violenza espressamente fisica e erotica; per erotica si intende quella della sfera personale e privata orami deturpata e abusata dalla società attuale. Di fatti le sue eroine sembrano perennemente scrutate, seguite di nascosto dall’occhio di una telecamera anche in momenti intimi e privati; si presenzia ad una sorta di “grande fratello” pittoricamente mediatico, necessariamente morboso e eccessivo, anomalo perché dipinto, non registrato e non messo in onda, anomalo perché in esso si consuma la sfera realmente privata, senza canovaccio o copione da seguire o da interpretare. Cadono tutte le inibizioni dell’osservatore che davanti a questi lavori si pone come se tutto gli fosse dovuto nel momento in cui la rappresentazione si trasforma in rito. A essere messo in scena è proprio il rito della insoddisfazione che sfocia nell’idea di violenza; come nelle tribù primordiali i segni (le scritte giapponesi) sul corpo rappresentano un obiettivo da raggiungere, lo stato d’animo del momento o una medaglia, insomma qualcosa che segna realmente il dna della persona come per esempio quelle incise sul volto di Alice che, trasformata in una geisha occidentale, si muove in un terreno che non è più il paese delle meraviglie descritto nelle fiabe. Il ciclo Io Alice, ideato nel 2005, diventa l’emblema di una ricerca continua della conquista di uno spazio, di una dimensione che, in chiave contemporanea, ricalchi la serenità della vera Alice che non può assolutamente essere paragonata alla stralunata Amelie cinematografica e al suo irreale mondo parigino di inizio millennio. Ed ecco apparire, accanto e al posto delle armi, gli accessori consueti che utilizza l’adolescente: scarpe, collant, braccialetti, strass, perline, sandali e vestitini, tutti vessilli che indicano la ricerca di una femminilità differente, di una ragazzina che diventerà finalmente donna. Appaiono i primi interni che occupano il fondo della tela e sostituiscono quelli appena accennati e scarni di tanti suoi quadri precedenti. Dalle enormi vetrate si osservano aeroporti, grattaceli, muri, paesaggi caratterizzati da tinte forti e contrastanti. Adesso, se pur armate, queste donne sono pronte per relazionarsi con l’esterno, con il mondo. La pittura di Lidia Bachis sembrerebbe uscire come una sua modella da un tunnel, da una galleria che orami è alle spalle e che oggi assomiglia a un ricordo oramai lontano nel tempo. La donna di Lidia Bachis mantiene intatta, sotto un conquistato equilibrio, la propria femminilità mettendo a confronto sensualità e determinazione, meditazione e violenza, rigidità e millimetrico controllo della propria sfera emotiva, consapevole del proprio ruolo all’interno di una società che oggi è realmente, come ogni inizio secolo, allo sbando.