Bolelli Maria Elena – Picciallo Nunzia

Bolelli Maria Elena – Picciallo Nunzia
Danza

Bolelli Maria Elena – Picciallo Nunzia

Destinazione

Tel Aviv - Israel

Periodo
-
Partite
Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Percorso di formazione e produzione della durata di un anno su selezione e invito del coreografo e diretore artisticoi Ohad Naharin. “Overwhelming” è il processo creativo delle due artiste, in cui si servono del movimento al fine di connettersi con le emozioni. Le danzatrici si sono conosciute frequentando il Gaga teachers training, e hanno deciso di collaborare nella creazione di una nuova performance da presentare successivamente in Italia con lo scopo di promuovere il culto della danza, e allo stesso tempo condividere le classi di Gaga nel loro Paese d’origine.

ENTE OSPITANTE

Il coreografo israeliano Ohad Naharin con la sua ricerca attraverso la "danza Gaga" approfondisce la consapevolezza dei danzatori delle sensazioni fisiche, amplia la loro tavolozza di opzioni di movimento disponibili, aumenta la loro capacità di modulare la loro energia e di impegnare la loro potenza esplosiva, e arricchisce la loro qualità di movimento con una vasta gamma di texture. Le lezioni sono costruite sugli stessi principi delle lezioni di Gaga/people, ma utilizzano anche il vocabolario specifico e le abilità che sono parte integrante della conoscenza di un ballerino. La stratificazione delle abilità familiari con i compiti di Gaga presenta ai danzatori nuove sfide e, durante tutta la classe, gli insegnanti spingono i danzatori a visitare anche luoghi e modi di muoversi più sconosciuti, sbloccando l'infinità delle possibilità. I ballerini sono guidati a collegare il loro sforzo al piacere e a scoprire la virtù della stupidità.

Intervista

OVERWHELMING: Quando l'emozione diventa esperienza fisica

Dalle scuole di danza senza specchi, ad un mondo utopico senza etichette. Abbiamo intervistato Nunzia Picciarello e Elena Bolelli e ci hanno raccontato della loro vita in Israele e del Gaga, training di danza sperimentale che le vedrà presto protagoniste.

 

Vorrei iniziare dal nome stesso del vostro progetto, Overwhelming. È una parola che di per sé simboleggia già una dualità: da una parte questo senso di travolgimento, dall’altra l’incapacità di gestire le emozioni. Perché questo nome?

N: È venuto fuori quando parlavamo di emozioni. Volevamo rappresentare sia le emozioni più docili che quelle più esplosive, come la rabbia. Anche le emozioni cattive meritano di essere rappresentate, non solo la felicità. 

E: La parte più difficile è stata quando ci siamo domandate: “ ma come lo rendiamo in italiano?”

 

Anche perché in italiano non c’è una reale traduzione. 

N: Sì e penso sia perché è una parola che ha bisogno del corpo per essere capita. Overwhelming arriva subito come parola, la senti dentro di te. 

E: Tra l’altro questo è stato un periodo overwhelming per tutti. Il nome lo abbiamo scelto prima dell’inizio della pandemia, però rispecchia bene quello che abbiamo  provato tutti in questo periodo. 

 

Parlando di corto circuito delle emozioni, ci sono momenti in cui la danza è stata salvifica per voi?

N: Io sin da piccola ho usato la danza per sfogarmi. Ad un certo punto però ho perso di vista il motivo per cui mi piacesse, pensavo cose tipo “ perché ballo? “. Da quando sono in Israele però ho capito che la danza è il mio modo di esprimere ciò che provo. È uno sfogo, è overwhelming, ci sono dentro con tutta me stessa. 

E: È anche un modo per descrivere la realtà in tutta la sua complessità. Specialmente oggi che la realtà viene filtrata attraverso i social media e sembra tutto perfetto , ma non lo è.  

 

A tal proposito il direttore artistico del Gaga, Ohad Naharin,  ha una precisa regola che ci tiene a far rispettare: niente specchi nelle sue aule.  Le autocritiche nel mondo della danza si sentono ancora di più?

N: Io non danzo davanti ad uno specchio da cinque anni. Ricordo però che era molto frustrante. Capitava che, nel mezzo di un movimento davanti allo specchio, finissi per guardarmi e pensare “oggi sono davvero brutta, bassa, non mi muovo così bene”. Ammetto di essere critica nei confronti del mio corpo non solo artisticamente, ma anche umanamente. 

E: Supponi di comprare un violino per imparare a suonare un nuovo strumento, ma poi non ti piace e allora decidi di cambiarlo. Noi non possiamo farlo, il corpo è il nostro strumento di lavoro. Accettarci così come siamo è molto difficile, specialmente quando cresci davanti a uno specchio. Al Gaga questo non succede ed è un bene, sia per la propria salute mentale sia perché così quando danzi non pensi a come appari, ma  solo a cosa senti. 

 

E infatti lo slogan del Gaga è proprio “People. Dancer.“ Secondo voi chiunque potrebbe danzare? 

N: Assolutamente sì. Danzare con dei ballerini non professionisti è come tornare alla prima lezione di danza. Riscopri com’è muoversi, com’è usare il corpo. È una gioia che studiando danza  ad un certo punto dimentichi. Molto spesso proprio per via del vortice di autocritiche e ambizione in cui spesso ci si ritrova a cadere.

E:  La cosa bella è che poi ti ritrovi improvvisamente con queste persone di tutte le età, dai 70 anni in più ad esempio, e sono proprio loro a ricordarti perché hai cominciato a danzare.

 

Esistono diversi tipi di danza oggi. Dove collocate la vostra?

N: Fa ridere perché prima dell’intervista parlavamo proprio di questo. (ridono) Ci chiedevamo, " perché c’è questo bisogno costante di creare delle categorie di danza?" Rende tutto più complicato e limitante. 

E: Secondo noi è importante eliminare le boxes, le scatole dove collochiamo tutto.  È un po’ quello che caratterizza la società di oggi:  o sei questo o sei quello.

 

In un mondo utopico cosa cambiereste nel mondo della danza?

N: Eliminare i fiumi. L’acqua è una, non c’è bisogno di dare tutti questi piccoli nomi. 

E: Penso che sarebbe utile creare, o meglio ritrovare,  una collettività che oggi si è persa con tutte queste etichette. Le suddivisioni in categorie sono inutili.

 

Parliamo del vostro primo incontro. Cosa vi ha spinto verso questa collaborazione artistica?

E: Ci siamo incontrate per la prima volta ad un meeting che spiegava cos’è il Gaga e ricordo che eravamo entrambe sconvolte. Ci sentivamo due alieni. Poi lavorando insieme in studio abbiamo iniziato a parlare  e discutere di diverse tematiche. A  entrambe interessava trovare un modo di rappresentare, attraverso la danza, la totalità delle emozioni. E così è nata la nostra collaborazione. 

N: Il bello è che è nata quasi per gioco. Non avevamo ambizioni a riguardo ed è stata una bella sorpresa scoprire di essere state prese. Non ce la aspettavamo! (ridono)

 

A differenza di molte scuole di danza, al Gaga si viene selezionati per la propria capacità di veicolare emozioni , non solo per la propria tecnica.

E: Sì, per entrare a far parte di questo movimento artistico è importante che ciascuno abbia alla base un senso di comunità e che creda nella condivisione. 

N: Penso che qui ci sia un profondo senso di collettività e di famiglia ,si diventa delle micro famiglie e da una parte è una cosa molto bella, dall’altra a volte è difficile entrarci. Però ne vale la pena.

 

Torniamo a Overwhelming. Come  descrivereste il vostro progetto a qualcuno che non sa nulla di danza?

N: È come quando hai le farfalle allo stomaco. È come perdere una persona importante. È essere talmente dentro a un'emozione da sentirla ovunque. Overwhelming  è quando l’emozione diventa un’esperienza fisica, quasi involontaria. 

 

Sarete sicuramente emozionate di iniziare questo training. Come state gestendo l’inizio del corso in un periodo così complesso?

E: Fino a una settimana fa ci sentivamo online su Zoom, il nostro migliore amico. (ride) Ora però abbiamo ripreso finalmente ad andare in studio. È un processo che pian piano sta   evolvendo.

 

Pandemia globale a parte, quali sono i vostri progetti futuri?

E: Tornare a fare performance.  Vorremmo poter tornare sul palcoscenico e insegnare alle persone senza barriere fisiche, come accade ora con i computer. Io personalmente vorrei anche tornare in Italia finito il training. Vorrei poter portare lì tutto quello che ho imparato durante questi anni in cui sono stata via. Mi piacerebbe portare un po’ di mondo a Bologna. (la sua città natale, ndr)

N: Nei nostri progetti c'è anche il tornare in Italia verso ottobre- novembre  per seguire dei workshop, però è ancora tutto da vedere. Speriamo che in Italia riaprano presto i teatri. 

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