BOSSI MARCO, DE FRANCESCO MATTEO

Musica

BOSSI MARCO, DE FRANCESCO MATTEO

Destinazione

Tirana - Albania

Periodo
-
Tornati
Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Inter Peninsulas è un progetto di produzione artistica attraverso l'esperienza dello stage/residenza ed è articolato seguendo il normale corso di una produzione musicale professionale: prove-concertazione-performance. Il Progetto è un contenitore ampio che coinvolge una pluralità di artisti italiani, albanesi e serbi, stabilendo un ponte ideale sul Mar Adriatico tra la penisola italiana e quella balcanica, con la prospettiva futura di uno sviluppo di Inter Peninsulas anche in Italia. L’esperienza di produzione artistica è la prosecuzione sull’asse professionale del precedente progetto formativo di Masterclass.

ENTE OSPITANTE

L'Università delle Arti, (UART), è un'istituzione pubblica di istruzione superiore a carattere artistico in Albania. Fondato nel 1966, l'Istituto Superiore delle Arti ha riunito tre istituzioni artistiche: il Conservatorio di Stato di Tirana, la Scuola di Belle Arti e la Scuola Superiore di Attori "Alexander Moses". Nel 1990, l'Istituto Superiore delle Arti fu istituito a livello universitario e chiamato "Accademia delle Arti".

 

Intervista

Come è nata la vostra collaborazione?

Marco: La nostra è un’amicizia di lunga data: siamo cresciuti nello stesso piccolo paese in Provincia di Lecce, Salice Salentino, e siamo della stessa classe, del ’91; siamo diventati amici ed abbiamo iniziato a studiare musica insieme nella stessa scuola — lui flauto ed io pianoforte. 

Quindi siamo amici da oltre vent’anni ma non avevamo mai suonato insieme per davvero, giusto qualche esperienza in orchestra lui come flautista ed io come direttore, ma non avevamo mai lavorato né  in duo né nella modalità in cui abbiamo lavorato in questo caso

Matteo: esatto, in questo caso Marco ha diretto ed io ho fatto il solista, che è una modalità completamente diversa: ci sono altre modalità, altre relazioni, anche un’empatia diversa. 

Per me è stata la prima volta da solista con l’orchestra, ma farla con un amico l’ha resa sicuramente più semplice.

Marco: quindi come amici eravamo rodati, come colleghi no ma devo dire che ci siamo trovati molto bene. Io anche ho diretto molte cose in passato ma mai un concerto per solista e orchestra, quindi è stata una prima volta anche per me. Queste cose è bello farle con amici perché c’è proprio un desiderio di costruire qualcosa insieme a prescindere dalla gloria.

 

E dunque, siete partiti alla volta di Tirana.

Marco: abbiamo prima incontrato tutti gli orchestrali su zoom - l’orchestra era costituita dagli studenti dell’Università delle Arti di Tirana - e abbiamo parlato del programma musicale che io e Matteo avevamo scelto. È un programma un po’ particolare: se da una parte c’è un pezzo di repertorio che tutte le orchestre d’archi prima o poi suonano, una serenata di Dvořák , dall’altra abbiamo un pezzo un po’ più raro e ricercato, che è il concerto per flauto e orchestra di Jolivet, che ha visto Matteo impegnato come solista. Per i ragazzi dell’accademia è stata un’esperienza importante perché quel tipo di musica - moderna, quasi contemporanea - lì non si suona tanto: fino alla caduta del regime comunista si suonava solo fino alla musica tardoromantica, e Jolivet è un un compositore del ‘900, un docente dell’UART ci ha spiegato come quella musica fosse assolutamente proibita. 

Infatti la nostra è stata la prima esecuzione di questo pezzo in Albania.

 

Com’è l’UART? Che aria si respira? 

Marco: Purtroppo siamo stati lì solo una settimana ed era periodo di esami, ma mi è sembrato un ambiente molto attento alla musica e che sta macinando tantissimo: si respira una grande aria di crescita. Ci hanno raccontato che stanno lavorando molto in collaborazione con istituzioni musicali estere.

Matteo: questo si vedeva anche molto dai ragazzi: questi ragazzi venivano a fare le prove con noi e s’impegnavano tantissimo e poi la mattina andavano a lavorare in lavori non musicali.
È gente che s’impegna moltissimo, al di là della musica è stata una bellissima esperienza di incontro umano.

 

Che poi è un po’ il filo concettuale su cui avete costruito inter peninsulas

Marco: Sì: la sensazione era che l’Albania fosse una sorta di cugina dell’Italia: lì si parla molto italiano, si segue la televisione italiana…conoscono e capiscono davvero tanto della nostra cultura. Per canto nostro, i Balcani dal Salento se l’aria è limpida si vedono a occhio nudo, anche se loro non vedono noi perché siamo una piccola pianura.

Abbiamo voluto sperimentare una collaborazione con un popolo vicino, che è lì, a due passi — anche nell’ottica di invitare loro da noi in futuro.

 

Matteo: È stato molto semplice lavorare con loro: ci siamo sentiti molto a nostro agio, molto a casa, anche nelle relazioni - perché poi ovviamente finite le prove c’è tutto il resto, la condivisione del tempo libero.

 

Quindi a livello di vita è stata una collaborazione che è filata liscissima. Sul piano musicale invece?

Matteo: è stato sicuramente necessario riprogrammare quello che avevamo in mente inizialmente, sia come tempi che come energie che come programma stesso della performance. 

Marco: dopo la prima prova ci siamo accorti subito che uno dei tre pezzi che avevamo selezionato, la serenata di Dvořák, era particolarmente nelle corde dell’orchestra: in tutta l’area balcanica hanno una bella scuola violinistica con un suono caldo assolutamente straordinario. In realtà ero partito con idee molto diverse, ma una volta sentita quella sonorità ho subito cambiato rotta e deciso di svilupparla e farla mia.

Per quanto riguarda Jolivet invece siamo dovuti partire da zero: non avevano il suono giusto, e siamo riusciti a costruirlo insieme in una sola settimana, battuta per battuta.

Matteo: il primo approccio è stato abbastanza duro, a volte perfino resistente, ma per fortuna si sono fidati.

Marco: il terzo pezzo che abbiamo eseguito vedeva due docenti dell’UART come solisti (viola e violino), che anche qui hanno completamente stravolto il pezzo dal punto di vista interpretativo, suonandolo in maniera molto rapsodica - un modo di suonare tutto dell’est - ed io come direttore ho dovuto accompagnare e guidare tutta l’orchestra attraverso queste esecuzioni senza andatura costante. È stata una questione di ascoltare il modo in cui volevano suonare, ma alla fine è stata una bella esecuzione.

 

Cosa c’è nel futuro per la vostra collaborazione?

Marco: Noi abbiamo un grande sogno nel cassetto: io vivo a Milano e Matteo a Brescia, ma ci piacerebbe tanto tenere aperto un canale con la nostra terra d’origine, il Salento, e riuscire a creare una piccola realtà dove continuare a fare musica insieme: Io, Matteo ed altri amici che sono sparsi anche loro in giro per l’Italia.

Anche alla luce di quello che è successo è difficile trovarsi insieme in tanti, per cui è una buona occasione per riscoprire una dimensione cameristica e cercare di riportare alla nostra terra e alla nostra comunità d’origine quello che abbiamo imparato in giro per l’Italia e all’estero.

Ci stiamo prendendo l’estate per capire come riuscire a sviluppare questo progetto.

 

Bossi De Francesco

 

Bossi De Francesco