Franceschini Ruggero, Gambino Claudia, Meola Francesco (EUNEMESI)

Altro
Teatro

Franceschini Ruggero, Gambino Claudia, Meola Francesco (EUNEMESI)

Destinazione

New Taipei - Taiwan

Periodo
-
Tornati
Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Residenza e co-produzione con ESP-I. Antologia di Attività Superflue è uno spettacolo partecipato, creato in residenza e presentato a New Taipei, Taiwan a novembre 2019, ispirato ai Trattati sulle cose superflue di Weng Zhenheng, un testo cinese del XVII secolo > Artista selezionato Movin’Up 2015 aveva rinunciato al sostegno economico per slittamento dei termini progettuali.

ENTE OSPITANTE

ESP-I PERFORMING ARTS GROUP è stato fondato dalla regista e curatrice teatrale Jocelyn Yuchia Chang e dai suoi membri nel 2008. 

ESP-I deriva dal verbo "espy", che significa essere in grado di percepire cose che prima non si notavano o si nascondevano parzialmente. Percepire l'io attraverso l'arte del teatro significa lasciarsi andare al vero sé e quindi unirsi all'io iniziale. 

ESP-I Performing Arts Group ritiene che il teatro debba essere fluido, poliedrico e transfrontaliero: l'estetica multisensoriale dello spazio. Per questo motivo, ha lavorato con una visione di educazione olistica e di antropologia teatrale; aspira a riesaminare il valore tra sé e lo spazio, e su questa base ha lavorato sulla produzione di opere originali, sugli scambi interculturali e sulla promozione di The River Lab. Partendo dal teatro, ESP-I Performing Arts Group spera di portare la sua creazione in molteplici campi della vita, e produce arte che possa essere il linguaggio comune per "spiarsi". 

Intervista

Nel Novembre 2019 Ruggero, Claudia e Francesco hanno realizzato “Antologia di Attività Superflue”, uno spettacolo partecipato, creato in residenza e presentato a New Taipei, Taiwan. In questa intervista Ruggero e Francesco raccontano il loro processo creativo, le peculiarità degli artisti asiatici con cui hanno collaborato e il nuovo ruolo dell’attore contemporaneo.

Tempo di lettura 5 minuti.

 

Il vostro spettacolo ha una fonte di ispirazione molto particolare, i “Trattati sulle Attività Superflue”, un’opera addirittura introvabile su internet. Potete raccontarci come è nato il progetto e in particolare da cosa deriva questa scelta?

Ruggero:

La scelta dei “Trattati sulle Attività Superflue” è stata del tutto spontanea. Come capita spesso nei processi creativi, si possono stabilire le condizioni iniziali, ma poi quello che succede è imprevedibile. Un po’ come un appuntamento con una persona, se l’innamoramento scocca oppure no, non dipende da te, tu puoi solo scegliere il ristorante.

Questo per dire che non ci conoscevamo benissimo, mezzo gruppo era asiatico e mezzo europeo, quindi con background molto diversi. I primi giorni abbiamo lavorato sul contatto fisico e sull’esplorazione sensoriale dello spazio. Poi durante una visita al museo nazionale di Taipei, ci siamo imbattuti in una mostra sui “Trattati”, riguardo la vita dei letterati cinesi del settecento, e abbiamo deciso che sarebbe stata l’ispirazione per il lavoro finale.

Francesco:

Fin dall’inizio però abbiamo mantenuto dei punti fermi, in primo luogo esplorare l’intimità tra le persone. Anche perché il concetto di intimità è universale, ma è declinato nelle diverse culture. Atteggiamenti come stare vicini o mantenere una certa confidenza anche tra sconosciuti sono occidentali, o meglio mediterranei, mentre in Oriente queste attitudini non sono azzerate, ma rimangono sotterranee e proprio per questo sono più interessanti da scoprire. Ci siamo resi conto che nella vita di tutti i giorni a Taiwan c’era una sorta di un silenziatore. Nessun bambino urlava o chiasso in strada. Quindi è stato bellissimo capire con la nostra performance come in un’ora due persone sconosciute potessero entrare in intimità anche partendo da questo contesto.

 

Il pubblico è stato una parte fondamentale della vostra performance. Ci sono state reazioni diverse o qualche episodio che vi ha colpito in particolare?

Francesco:

Abbiamo presentato lo spettacolo al pubblico due volte. La prima all’università a studenti molto giovani di 19 anni. In quel caso i ragazzi sono stati molto colpiti dalla parte delle domande svolta in coppie. L’idea era di partire da questioni superflue, ad esempio chiedendo “com’è lo spazio dove mangi?”, per arrivare in profondità con domande del tipo “quando è stata l’ultima volta che hai pianto?”. In particolare ha sorpreso la nuova intimità che si creava tra persone che già si  conoscevano.

Per quanto riguarda la performance finale è stata la parte sensoriale ad avere un forte impatto. Abbiamo guidato i partecipanti bendati attraverso città. Li abbiamo esposti ad un contesto vivo, pieno di bambini, rumori e persone, lasciando grande spazio al rischio e alla scoperta. Ci hanno detto che si sono resi conto di quanto gli occhi sostituiscono gli altri sensi, mentre fuori c’è un universo da esplorare. I piedi hanno occhi nuovi se togli gli occhi alle persone, sia per chi guida sia per chi viene guidato.

 

Nel vostro progetto avete coinvolto artisti cinesi e taiwanesi. Come è stato rapportarsi con loro?

Ruggero:

Mi viene da ridere, perché non dico ci sia stato uno scontro, ma ci sono state tante differenze. E va benissimo così. Considerando che il sottotesto era anche una situazione politicamente complessa. Siamo rimasti però molto aperti durante tutto il processo e questo ha dato origine anche risultati paradossali. Ad esempio, ad un certo punto il titolo di questa performance era diventato una frase di trenta parole, qualcosa come “I was sitting in a restaurant eating ice and I hear somebody talking about…”. 

Un altra differenza e che noi parlavamo moltissimo, mentre loro stavano zitti per molto tempo e poi all’improvviso mollavano una bomba nella discussione che ribaltava completamente le cose.

Per noi la performance è durata dall’inizio fino alla fine. Dormivamo a casa del nostro collega taiwanese e trovavamo spunti di osservazione 24 ore su 24. Un’esperienza totale che partiva dal cibo, alle esplorazioni, fino ad una notte in cui siamo finiti in un negozio di tè nelle montagne per una degustazione privata, come in una favola.

 

Voi due vi occupate anche di teatro e cinema. Qual’è il fascino che trovate nelle performance e come si differenzia questa espressione artistica da tutte le altre ?

Ruggero:

La mia opinione è che concepire un attore in quanto solo attore, come si faceva anni fa, è un po’ fuori moda. La nostra responsabilità come artisti non è solo fare film, pubblicità o teatro, ma riguarda anche un aspetto di ricerca e di connessione con il pubblico. La sperimentazione nutre la pratica artistica. Forse è più difficile trovare dei soldi per farla, ma è imprescindibile. Altrimenti l’arte diventa sterile e distaccata dal mondo.

Francesco:

Credo che una caratteristica fondamentale delle performance sia il ruolo del pubblico. Il performer cerca di scomparire, ed è bello scomparire quando i partecipanti hanno preso in mano il gioco. In questo modo trasmetti un’utopia a qualcuno che la accetta e la sviluppa, e tu puoi rimanere solo lì ad osservarlo.

In più mi è piaciuto che il nostro lavoro sia stato site specific. Solitamente, muovendosi di città in città o da teatro a teatro, non si ha il tempo di rendersi conto delle persone e del luogo. Mentre il concetto di intimità richiede un altro tempo, molto più profondo, per osservare e ascoltare, e la performance lo permette.

 

Negli ultimi mesi siamo stati tutti un po’ privati dei nostri impegni lavorativi e sono diventate fondamentali delle attività prima superflue. Quali sono le attività superflue che avete riscoperto e di cui non potete fare a meno?

Francesco:

Un’attività che sto cercando di perseguire da mesi è alzarmi e scrivere. Scrivere la pagina del mattino, superflua perché il più delle volte sono così addormentato che annoto cose che devo fare o legate alla colazione. L’unico limite che mi do è non fermare mai la penna. è un’attività superflua che però è fondamentale, perché scrivere un’intera pagina mi permette di partire sgombro da spazzatura mentale e da pensieri, per poi iniziare la giornata.

Ruggero:

A Milano ho cercato di evitare i mezzi e ho ripreso a camminare anche per lunghe distanze. Sono quindi tornato un po’ a questa natura nomadica dell’essere umano che si sposta nell’architettura utilizzando solo il suo corpo. Ho ritrovato la camminata come espressione di continuità dell’identità, del portarsi dietro le proprie memorie.

 

“Antologia di attività superflue" sarà presentato a Brescia a inizio luglio, sfortunatamente non al pubblico. Per seguire le attività di Ruggero, Francesco e Claudia, è possibile seguire su Facebook "Eunemesi Art Company” e “Switchoffthelight" oppure visitare il sito www.eunemesi.eu.

Ruggero Franceschini 1
foto di Ruggero Franceschini
Ruggero Franceschini 2
foto di Ruggero Franceschini
Ruggero Franceschini 3
foto di Ruggero Franceschini
Ruggero Franceschini 4
foto di Ruggero Franceschini
foto di Yuan Xie 1
foto di Yuan Xie 
foto di Yuan Xie 2
foto di Yuan Xie 
foto di Yuan Xie 5
foto di Yuan Xie 
foto di Yuan Xie 5
foto di Yuan Xie 
foto di Yuan Xie 6
foto di Yuan Xie 
foto di Ruggero Franceschini 10
foto di Ruggero Franceschini