Gemma Carbone

Danza
Teatro
Musica

Gemma Carbone

Destinazione

Porsgrunn - Norway

Periodo
-
Tornata
Il progetto (e info su ente)

Gemma Carbone dà vita, con “YOU ARE HERE (so don’t take things so seriously)” a uno spettacolo teatrale che sembra nascere dall’incontro di culture, tempi, pianeti e lingue differenti. Tre performers - il tecnico e i due musicisti - si cambiano ripetutamente di posto alternandosi a ricoprire i diversi ruoli, i quali, quindi, non sono più legati all’interpretazione di un personaggio ma unicamente allo svolgimento di un compito. Uno scollamento spaziale e temporale che, mostrando la Storia del Futuro di Asimov con gli occhi delle persone in scena, sarà lì a raccontare la Storia del presente. La nostra. Commenta su Twitter il progetto di Gemma

ENTE INVITANTE

Grenland Friteater - Importante teatro di Porsgrunn fondato nel 1976, non è legato soltanto alla presentazione di performance divertenti e innovative, ma anche al contributo nello sviluppo di una nuova cultura teatrale rilevante, diretta e impegnativa nella Norvegia più rurale. en.grenlandfriteater.com

YOU ARE HERE - First Promo from Gemma Carbone on Vimeo.

Intervista

di Virginia Giustetto

Nei giorni scorsi, con un amico, si discuteva di come l’espressione “creazione di un futuro per i giovani” stia lentamente ma implacabilmente assumendo un significato inappropriato e, per certi versi, anacronistico. Noi giovani, ben prima che di futuro, abbiamo bisogno e desiderio di presente. È come se in un paio di anni, complici e responsabili i tempi di magra in cui siamo cresciuti, la distanza propria e semantica dei concetti di presente e futuro fosse mutata, inesorabilmente, e noi con lei. Gemma Carbone, in qualche modo, parla di questo, e il suo spettacolo (dal titolo You are here) mette in scena, all’interno della cornice di fantascienza reale di Isaac Asimov, le distanze temporali, la distorsione relativistica, e soprattutto una profonda riflessione sui nostri tempi. Gemma Carbone, italo-svedese, ha iniziato la sua formazione come attrice seguendo una classe tenuta dalla Royal Shakespeare Company di Londra nel 2008. Poi ha deciso di tornare in Italia, ha studiato all’Accademia Nico Pepe di Udine e ha iniziato a seguire registi e coreografi che stima e considera le fondamenta della sua ricerca artistica: Julie Stanzak, Marco Sgrosso, Chiara Guidi, Romeo Castellucci, Michael Marmarinos e Rodrigo Garcia. Con tutti ha avuto la fortuna di condividere progetti e momenti di lavoro importanti e da tutti ha ricevuto un piccolo ma prezioso contributo alla sua crescita professionale. Da un paio d’anni è tornata a vivere a Goteborg e fa la “pendolare”, lavorando principalmente tra la Svezia e l’Italia.

“La fantascienza dà la possibilità di appropriarci di una prospettiva unica, di una distanza paradossale ma allo stesso tempo non del tutto illogica”. Inizia così la presentazione del tuo progetto. Hai voglia di spiegarci che significato abbiano queste parole?

L’intera Fondazione di Asimov è un’opera letteraria abbastanza inaspettata. In un ciclo di sette romanzi si narra la futura storia umana, coprendo millenni di psicostoria, politica, guerre, crisi e rinascite. Il lettore è posto di fronte ad una meravigliosa giostra di dinamiche sociali e politiche immerse in un contesto dichiaratamente “finto”. Questa distanza, non solo prettamente narrativa, ma anche di temi, di personaggi, di immagini ed espressioni, è chiara fin dalla prima pagina, eppure non segna una lontananza. Anzi, più ci lasciamo prendere da questo mondo fantastico, dal sapore romantico dei primi Star Trek, del primo immaginario del futuro, più nascono una serie di inaspettate riflessioni sulla nostra storia, sul nostro passato e, soprattutto, sulla nostra contemporaneità. È come se la fantascienza di Asimov diventasse una lente di un binocolo che non appartiene a questo tempo e che quindi ha una distorsione tale da ribaltare le normali leggi della fisica e aprire nuove prospettive, nuove chiavi di lettura del presente. Ogni avvenimento diventa un piccolo specchio che si riflette in ogni epoca (reale o letteraria che sia), ogni personaggio è la diluizione di un’umanità vasta ed eterna, di me, di te, di Hober Mallow piuttosto che Napoleone o Sergio Mattarella.

Quanto influisce, su tutto ciò che facciamo (e non facciamo), la nostra predisposizione all’interpassività?

Insieme a Nicola Bremer, attore e drammaturgo del progetto, abbiamo iniziato una riscrittura scenica dei romanzi della Fondazione. È subito affiorato il tema dell'interpassività, un concetto teorizzato da filosofi contemporanei come Slavoj Zizek e Robert Pfaller che rielaborano una suggestione di Lacan: ci siamo resi conto di essere tutti malati di una strana predisposizione che ci porta a delegare le nostre responsabilità, i nostri piaceri, le nostre scelte verso qualcun altro, in un altro tempo, in un altro luogo. Ci dimentichiamo di agire qui, ora. Ci dimentichiamo che siamo noi il centro dell’azione, siamo noi il motore del presente. Da qui la sfida: il paradosso è di parlare del presente, mettendo in scena il futuro.

In che modo i macro meccanismi della storia umana e le azioni personali dell’individuo possono incontrarsi? 

È una domanda a cui è difficile dare una risposta, ma il fatto stesso di farsela presuppone l’inizio di un cambiamento, di una mutazione che può essere personale, ma – attraverso una più profonda presa di coscienza – diventare anche un cambiamento sociale e, ci auguriamo, politico. Questo è il compito del nostro spettacolo. Porsi la domanda, l’interrogazione: ogni singolo spettatore troverà la sua risposta.

E il teatro, oggi, si può configurare come terra di contatto tra queste due sfere (macro e micro storia)?

Il teatro è da sempre tramite e medium di interrogativi, di corto circuiti. In questo senso già le tragedie greche sono il primo contatto tra cittadino e stato, tra fato e libero arbitrio. Basti pensare a Brecht che fa di Madre Coraggio l’emblema della micro storia travolta dai meccanismi economici e politici della macro storia. Adesso in scena a Milano c’è la Lehman Trilogy… insomma, da sempre il teatro è testimone di questa gara di equilibri e disequilbri, da sempre, in diverse diluizioni e declinazioni, racconta la vita dell’uomo inesorabilmente immersa nella Storia.

Come hai conosciuto il Grenland Friteater e come è nata la collaborazione? 

La collaborazione con il Grenland è nata tramite un bando di partecipazione al PIT Festival di Porsgrunn, uno dei maggiori festival internazionali norvegesi, che abbiamo vinto l’anno scorso. Tramite il Scene: BLUSS (retrospettiva dedicata a giovani artisti internazionali) siamo stati accolti all’interno del festival norvegese come progetto emergente e abbiamo presentato il primo work in progress a giugno. Sono stati tutti così entusiasti del lavoro che ci hanno invitati per completare la produzione e la messa in scena dello spettacolo. Ecco, tra pochi giorni partiamo per la Norvegia…

Quali saranno i principali esiti dell’esperienza? Parte del lavoro confluirà anche in Italia?

Contiamo di finire la creazione del I e del III atto, debutteremo al Grenland il 27 febbraio. Dopodichè sono in programmazione alcune date in Svezia e stiamo cercando di portare un debutto anche in Italia – se tutto va bene la creazione del II atto potrà avere natali italiani! 

Cara Gemma, non ci resta che farti… un grosso in bocca al lupo!

Resoconto

Gemma, come è andata l’esperienza?

L’esperienza all’estero del progetto è stata fondamentale sia dal punto di vista creativo (durante la residenza norvegese presso il Grenland Friteater siamo infatti stati in grado di completare la creazione dell’intero spettacolo) ma anche artistico e umano. Durante il mese passato in Scandinavia il gruppo di lavoro ha avuto occasione di confrontarsi con approcci culturali e teatrali nettamente differenti e tale scarto ha arricchito ognuno dei partecipanti al progetto e il gruppo inteso come comunità di lavoro.

Ad oggi il progetto rimane saldo e forte sia degli elementi positivi carpiti e conquistati assieme durante l’esperienza all’estero, sia e soprattutto delle difficoltà che si sono risolte in uno sforzo collettivo e mai egoistico.

Quali sono le vostre prossime mosse?

NAPRAWSKI e il suo primo spettacolo YOU ARE HERE (so don’t take things so seriously) sta attualmente organizzando la programmazione per la prossima stagione ed è già stato invitato allo STOFF Stockholm Fringe Festival 2015 dal 21 al 25 ottobre, ed è inoltre presente all’interno della stagione Höst del Cinnober Teater. Siamo anche alla ricerca di un debutto italiano.

La partecipazione al MovinUp è stata essenziale per la realizzazione di tutto questo, l’organizzazione e la disponibilità con cui sono stata aiutata e supportata si è dimostrata preziosa. Grazie!!!!!

di Virginia Giustetto