ITALIANO SAVINO MARIA, SAVARESE PIERGIORGIO MARIA (I NUOVI SCALZI)

Teatro

ITALIANO SAVINO MARIA, SAVARESE PIERGIORGIO MARIA (I NUOVI SCALZI)

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Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Progetto di produzione e formazione teatrale internazionale in più parti. Gli artisti, dopo una fase di residenza artistica in Italia propedeutica alla creazione e all'allestimento di The Ring - una nuova pièce teatrale che unisce differenti   discipline e linguaggi: teatro di prosa, commedia dell’arte e musica - realizzeranno 3 repliche dello stesso in Polonia presso International Theatre Meetings "Theatre Without Borders". Durante il Festival si svolgeranno anche 2 workshop internazionali di teatro, per la divulgazione della Commedia dell'Arte.

ENTE OSPITANTE

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Intervista

Quali sono stati i vostri percorsi artistici individuali, e come vi siete poi trovati a lavorare insieme? 

Savino: Ho cominciato ad appassionarmi al teatro attraverso lo studio della filosofia, come mezzo di studio di contesti e relazioni sociali, iniziando da autodidatta. La cosa ha iniziato a catturarmi sempre di più, ed ho cominciato a seguire diversi maestri: specialmente Daniele Nuccetelli, Monica Samassa e Maurizio Luccà a Roma, che mi hanno introdotto al metodo russo di Vasil’ev, e poi il professor Ferruccio Marotti del Centro Teatro Ateneo che mi ha fatto scoprire la maschera e la commedia dell’arte.

Abbiamo studiato commedia dell’arte con Claudio De Maglio per tre anni, un percorso veramente intensivo, e poi mi sono sbloccato dal punto di vista fisico/espressivo con la danza contemporanea,  

Di lì ho approfondito negli ultimi anni il linguaggio della danza con Giorgio Rossi di Sosta Palmizi, con cui collaboriamo tutt’ora come compagnia.

Nel frattempo ho fondato la compagnia I Nuovi Scalzi con Olga Mascolo ed Ivano Picciallo, della quale poi Piergiorgio ha iniziato ad essere una parte attiva circa sei anni fa.

La realtà di Barletta ci stava un po’ stretta, quindi con Olga abbiamo deciso di affacciarci al mercato internazionale, iniziando ad affacciarci all’estero: per fortuna il nostro mestiere ci dà la possibilità di viaggiare, perché possiamo essere ovunque ci sia pubblico. Sentivamo il bisogno di confrontarci con realtà più grandi. 

Sono ormai sei anni che viaggiamo, in tutta l’Europa e fuori, come attori ma anche come formatori.

 

Linguisticamente come vi regolate con l’estero? Fate tutto in inglese?

Savino: Assolutamente no: noi portiamo avanti un teatro che abbraccia un linguaggio universale attraverso l’espressione fisico-emotiva:

La maschera permette di arrivare al pubblico dando un po’ meno peso al livello intellettuale dell’enunciato e concentrandosi sull’accadimento, su quello che succede in scena.

Il testo è l’ultimo passaggio di un’esigenza fisico-emotiva: spesso basta tradurre un paio di parole chiave per rendere completamente comprensibile tutto quello che succede.

Piergiorgio: Usiamo anche molto dialetti e Grammelot, quindi cerchiamo di portare avanti una ricerca sui suoni e sulla prosodia più che sulle singole parole.

Ci sono casi (per esempio spettacoli quali la Ridiculosa Commedia, che per metà abbiamo tradotto in francese visto che sia Olga che io lo parliamo) in cui traduciamo ad hoc l’informazione drammatica nella lingua del posto, ma questo non cambia il fatto che quello che portiamo avanti non è un teatro di parola, è un teatro in cui il conflitto e la comicità sono dati dalla situazione e dai corpi che si muovono nello spazio — la parola è un tutt’uno con il corpo che emette suoni.

Uno dei punti di forza della nostra compagnia è la varietà degli individui che la compongono: siamo quattro individui con percorsi di studi e professionali molto diversi: (Savino ed Olga vengono più dalla danza, Ivano viene dal teatro sperimentale, io vengo soprattutto dalla prosa e prima ancora mi sono formato come clown.

Anche io che sono arrivato dopo ho avuto la possibilità di amalgamare le mie esperienze ed i miei punti di forza con il loro approccio fortemente radicato nella maschera e nella commedia dell’arte. Il nostro motto è Tradire la tradizione: utilizziamo forme e stilemi che si originano nel 1600 ma li tradiamo continuamente. 

 

Savino: bisogna conoscere profondamente ed apprendere dalla tradizione per tradirla davvero, ed è un’ambivalenza che ci alimenta.

 

Piergiorgio: Un grosso misunderstanding sul teatro delle maschere è che non sia un teatro contemporaneo o sperimentale: per noi lo è, perché facciamo ricerca su nuove forme, nuovi testi, nuovi personaggi. È un medium molto vivo.

 

Savino: è anche naturale creare delle etichette, dei generi, per quella che è la struttura del sistema teatro: per quanto a noi poesia piacere spaziare fra generi e medium diversi, quando si va a fare richiesta di finanziamenti tocca incasellarsi in una scatola precisa: se fai teatro non sei danza, se sei danza non sei musica: nella pratica ovviamente fare spettacolo dal vivo oggi è una disciplina che attinge a tante discipline. A noi piace variare tanto.

Facciamo progettualità in cui non c’è regista: la nostra compagnia ha una struttura circolare, come un collettivo: a volte lavoriamo insieme, a volte a due o tre, a volte un paio di persone della compagnia ed un paio di esterni, 

 

Mi raccontate un po’ il progetto The Ring, con cui siete andati in Polonia? 

Savino: Premesso che il progetto avrebbe dovuto essere realizzato al festival di Theatre Meeting di Opole nel maggio scorso, che è stato rimandato causa covid, 

Questo progetto prevedeva la messa in scena di uno spettacolo di respiro più internazionale, quindi fortemente basato sui linguaggi del grammelot e della maschera.

 

Perché The Ring?

Savino: Tradizionalmente nella commedia dell’arte lo spazio scenico è di 4x3 metri, ed in genere noi lo delimitiamo come se fosse un ring da pugilato, al di fuori del quale restiamo sempre a vista come attori, entrando poi per creare il gioco dello spettacolo delle maschere. Ci piace mantenere viva l'attenzione su come stiamo giocando con il pubblico: non creiamo un un inganno, non c'è l'intenzione di fare uno spettacolo ‘spettacolare’ con scenografie, luci ed effetti. Forse come cosa è nata anche dalla necessità, della mancanza di strumenti, ma alla fine è diventato una vera e propria poetica. 

Lo spettacolo parla di due personaggi non meglio identificati che trovano delle maschere in una valigia abbandonata: indossandole vedono che si crea un dialogo, come se la maschera obbligasse l'attore a creare il personaggio vivendo una fisicità diversa. Dopo questa prima sperimentazione decidono di giocare volontariamente, scambiandosele ed attraversando una serie di tirate e dialoghi presi dal Quattrocento dal Seicento ed altri scritti da noi, fino alla decisione di farne un mestiere.

Fondamentalmente è un racconto della storia del teatro occidentale, e del suo passaggio dall’essere un gioco di amatori alla scelta di farne una professione.

 

Che altri progetti avete in cantiere? 

Savino: Una progettualità grossa su cui stiamo puntando molto è il Truck Theater: un un vero e proprio camion che si trasforma in un teatro. Volevamo creare un teatro mobile per poter andare in giro e portare il teatro nelle piazze. 

La prima produzione che stiamo realizzando è il Sogno [di mezza estate, ndr.], in coproduzione con dei teatri di Bari e Les Baladins Du Miroir, una storica compagnia di teatro viaggiante belga: debutterà a maggio del 2022.