Lanfranco Giulio, Bosco Elena, Maida Alessandro, Bonvicini Annalisa, Cortese Flavio (MAGDACLAN CIRCO)

magdaclan
Circo

Lanfranco Giulio, Bosco Elena, Maida Alessandro, Bonvicini Annalisa, Cortese Flavio (MAGDACLAN CIRCO)

Destinazione

Auch - France

Periodo
-
Tornati
Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Percorso di internazionalizzazione avviato da MagdaClan nel 2019 col Festival OFF di Avignone che ha visto successivamente la compagnia portare i propri spettacoli alla 32esima edizione di CIRCA Festival du cirque actuel. La compagnia è stata selezionata in CIRCUS ZONE, un progetto bilaterale Italia-Francia realizzato con la collaborazione di Sarabanda e del Festival CIRCa-Pôle National Cirque Auch Gers Occitanie. Nel contesto di CIRCA, gli artisti hanno inoltre presentato il proprio lavoro agli incontri per operatori “CircusZone les compagnies” e FRESHCIRCUS#5 che riuniscono la maggior parte dei professionisti del settore a livello mondiale – artisti, programmatori, giornalisti, docenti, ricercatori, politici.

ENTE OSPITANTE

Il CIRCa è uno dei leader nel settore circense e come tale è impegnato nella promozione dell'universo circo in vari dei suoi aspetti. Utilizza diversi approcci per realizzare le sue varie missioni che si pone come centro nazionale del circo francese: un programma stagionale, un big top itinerante, un costante sostegno alle giovani compagnie nel loro processo di creazione, l'organizzazione di attività culturali e infine un festival di circo contemporaneo.

Intervista

Nella vostra biografia si legge che MadgaClan è reso unico da un “linguaggio artistico non riconducibile a una formula classica, fatto di una poetica surreale e disequilibri fragili”, inoltre fate riferimento ad un “immaginario tradizionale del circo con l’innovazione di un linguaggio contemporaneo, poetico, ironico”.

 

Vi va di spiegare la vostra visione a partire da queste frasi?

Giulio Lanfranco

Come MagndaClan, abbiamo sempre prestato attenzione alla ricerca di destrutturazione della tecnica circense. Una visione tramandata da Roberto Magro, direttore della Flic (la Scuola di Circo di Torino), che ci ha aiutato a fondare il MagdaClan. Magro ci ha insegnato a prendere una tecnica circense, qualunque sia, con attrezzo o a corpo libero, ed a destrutturarla. Si tratta di un lavoro di ricerca infinito perché comprende tutte le possibilità di giocarci nello spazio, di cambiare tempi e parametri tecnici. Con la giocoleria,  ad esempio, siamo abituati a far girare tre palline da fermi in maniera classica, ma, destrutturando, invece che palline potremmo usare cose più piccole, più grandi, più pesanti o più leggere. Invece di stare fermi potremmo muoverci, oppure muovere soltanto la testa, o una parte del corpo, e continuare da sdraiati o seduti, le possibilità sono infinite.

Questa è la base teorica che abbiamo continuato a sviluppare come MagdaClan e che dà un’impronta particolare ad ogni lavoro collettivo. La nostra poetica è destrutturare ogni cosa.

 

Elena Bosco

Un altro aspetto che ci caratterizza è cancellare un elemento tipico del circo tradizionale: il momento del virtuosismo tecnico seguito dall’applauso guidato del pubblico. Noi cerchiamo di fondere l’atto circense alla drammaturgia, oppure ad un’intenzione, insomma di non lasciare il circo fine a se stesso, ma di farlo vivere in qualcosa. Come Magro, altri insegnanti in Europa  insegnano ad essere umani dentro il circo, a non rimanere solo al servizio di una tecnica, ma ad integrare il circo all’interno della propria emotività.

Per questo noi non inseguiamo l’applauso, anzi l’obbiettivo principalmente è evitare l’applauso per non far uscire lo spettatore dalla poetica. Ovviamente è difficile, ma è una questione di educare noi stessi come artisti ed il pubblico a farci coinvolgere più dalla drammaturgia che dalla forma.

Ricollegandoci a quanto detto prima sulla destrutturazione, nelle nostre ricerche noi cerchiamo i limiti. Tentiamo di realizzare anche l’atto che è impossibile perché è lì che diventa interessante. Ad esempio, se ti chiedo di fare il giocoliere da sdraiato, ad occhi chiusi e con una mano. Mi dici che è impossibile, ma dopo tre giorni qualcosa tirerai fuori.

 

La vostra compagnia ha presentato vari spettacoli sia al Festival di Avignone che al Festival Circus Zone ad Auch. In particolare di cosa trattava la performance che vi ha coinvolti in prima persona?

Il nostro spettacolo si chiama “Ah, come è bello l’Uomo”, ed è uno spettacolo molto satirico. La drammaturgia racconta l’evoluzione dell’essere umano a modo nostro, ponendo particolare attenzione ai rapporti sociali. Questa coppia, questi due esseri che abbiamo interpretato, passano per varie fasi. Nella prima, chiamata Homo Primaris, siamo nudi e scopriamo l’interazione senza giudizio, senza malizia, senza nulla. è una scoperta sia della verticalità, che della relazione tra loro. Poi si passa al Homo Genuinis. Il cambiamento viene sempre portato dal terzo personaggio: è il tecnico di scena, che è però è in scena, e fa un po’ da deus ex machina. Il contesto dove ci troviamo viene costruito da dettagli, molto legati alla sensazione che cerchiamo di trasmettere. Ad esempio, se vogliamo essere negli anni 70 e parlare di emancipazione, noi ci arriviamo con una canzone, mettiamo Janis Joplin ed arriviamo in quel momento. Ad un certo punto, ci scopriamo Homo Capitali, inizia un conflitto tra di noi, si da inizio ad un accumulo, ci cambiamo vestiti. Dopodiché passiamo all’arrivo degli smartphone e all’Homo Smartphonis. Non c’è più contatto tra di noi, ma solo con gli schermi, parliamo di come sono cambiate le relazioni con l’uso della tecnologia. Infine si passa all’Homo selfies, e poi all’Homo Superlativis per fare circo impossibile come se fossimo nella realtà virtuale.

 

Fare circo sembra quasi una vocazione, soprattutto per chi come voi non viene da famiglie circensi, ma si è allenato per anni da solo e in accademie di Circo. Per voi come è nata questa passione?

Elena Bosco

Mi piaceva stare in scena fin da piccola e sono sempre stata appassionata di danza. Inoltre dopo aver vissuto varie esperienze con amici di famiglia che vivevano negli Elfi, e altre situazione di comunità ero sicura di voler spendere la mia vita in una comunità. E il circo è un connubio perfetto. Poi magari col tempo capisci che è totalizzante come esperienza e possono nascere dei dubbi. Per me però il circo unisce tre grandi passioni: il viaggio, la comunità, la creatività.

Giulio Lanfranco

Io invece sono arrivato dall’arte di strada. Al liceo ho imparato a praticare giocoleria da un articolo di Focus. Poi ho trovato un libro che spiegava le prime tecniche, mi sono comprato le clave e ho incontrato altri ragazzi con cui ho creato i primi spettacoli. Successivamente sono partito con degli amici a esibirci in Spagna, e in Sud Italia. Parlando con altri circensi, mi hanno consigliato le scuole di circo e così ho raggiunto il mondo del circo contemporaneo iscrivendomi alla Flic.

 

Cosa non abbandonereste mai della vita che fate?

La vita in un circo può essere idealizzata, ma nella realtà cambia tantissimo ogni momento. Vivere in camper può sembrare un sogno, ma poi se capiti in un prato in una settimana di pioggia di inverno, il tendone è bagnato, fa freddo e scopri che il comune ti concede la doccia solo due ore alla sera, lì la magia la perdi un pochino. Vivere in un collettivo è bellissimo, ma talvolta  nelle situazioni di stress scoppia. Creare uno spettacolo è bellissimo, ma devi salire in scena anche quando vengono dieci persone. Tuttavia non rinuncerei mai alla scena finale di uno spettacolo ben riuscito con il tendone pieno. Spesso abbiamo discussioni con il pubblico che ci danno la percezione  di aver portato una riflessione in chi ci guarda, e questo da soddisfazione.  L’applauso non è solo per lo spettacolo, ma ti stanno ringraziando perché hai percorso chilometri, hai montato il tendone e hai dato un’alternativa alla loro serata. Una persona va al teatro, invece è il circo che viene da te.

 

Quanto è difficile sopravvivere facendo questo mestiere?

Anche per quanto riguarda il Circo, l’Italia non è come altri paesi nel resto di Europa. Nei paesi francofoni c’è un sostegno all’arte molto diverso. E poi c’è una rete di festival e istituzioni, mentre in Italia la stanno costruendo gli stessi artisti circensi negli ultimi anni. In Francia i poli di circo programmano gli spettacoli che girarano tra di loro. In Italia è una questione di agganci. In Francia se ti chiedono che lavoro fai e dici l’artista lo accettano. In Italia ti rispondono: “ok, ma per vivere cosa fai?”. Qui è concepito che tu faccia l’artista per hobby. Quindi il modo di vivere in Italia come artisti è più pensare a sopravvivere. Si vive alla giorniata, facendo grandi sacrifici, sempre motivati da una volontà personale molto forte. Ad esempio, nessuno ti paga le prove, è volontariato puro, e non sei mai sicuro di quando arriva il guadagno. Ad un certo punto ti inducono a pensare che forse sarebbe stato meglio fare un altro lavoro.