Marco se né andato e non è Francesca

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Teatro

Marco se né andato e non è Francesca

Destinazione

Montpellier - France

Periodo
-
Tornato
Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Marco se n’è andato e non è Francesca è un testo inedito sul tema dell’assenza, il rapporto con il ricordo e il lasciare
andare. La pièce è divisa in tre fasi: oggi, ieri, domani, ognuna raccontata in maniera differente. Oggi è uno spettacolo teatrale, in cui vediamo effettivamente succedere qui e ora gli accadimenti; ieri è un film del loro passato; domani è un gioco di probabilità in cui ogni sera un dado a dieci facce deciderà quale finale scegliere per la storia. La prossima tappa di produzione internazionale si
realizzerà in collaborazione con il collettivo francese Hors Zone.

ENTE OSPITANTE

Il Kollectif è un gruppo di cinque giovani artisti, attori, registi, artisti visivi, artisti visivi.nes creatori che si sono incontrati al crocevia delle arti performative, tra teatro, video arte, performance di strada, installazioni e forme musicali. Composto da individui con background e origini diverse, tra Turchia, Francia e Italia, il Kollectif coglie il potenziale e l'esperienza di ciascuno per nutrire i suoi progetti con questa diversità. Oltre ai 5 membri permanenti del team artistico, gli artisti associati sono chiamati a partecipare puntualmente a determinate creazioni. Al centro del suo approccio, il desiderio di creare un proprio ambiente teatrale, un universo queer, sicuro, metamorfico, soprattutto multidisciplinare, così come la messa in discussione del posto e del futuro dei giovani creatori nel panorama teatrale contemporaneo.

Intervista

Su quale parte del progetto vi siete concentrati durante il vostro lavoro in Francia?

FRANCESCA: Durante questa parte del progetto, lo short film è stato il lavoro più grande. La storia riguarda una una relazione che si interrompe, e nella parte filmica lavoriamo sui ricordi della coppia: ricreando la vita di quando stavano insieme. In realtà, lo show - il momento teatrale della performance - è sulla rottura: usiamo il format del film all’interno dello spettacolo per mostrare i ricordi. 

 

Quante parti prevede lo spettacolo finale?

FRANCESCA: Il film, come ti dicevo, era solo una parte. Lo spettacolo ne prevede 3: la prima è ambientata nell’oggi, è la coppia nel momento post-rottura, bloccata in quel limbo di tempo in cui non dovresti continuare a vederti, eppure non puoi farne a meno. È questa, la contraddizione che cerchiamo di indagare. Questa parte dello spettacolo affronta il rimanere bloccati in una situazione che non ti permette di essere veramente libero, e che pure ti metti a cercare, a desiderare. La seconda parte si riferisce al passato: al momento e al processo dell’innamorarsi. La terza e ultima parte, poi, diventa performativa: si entra in un gioco con l’audience, per aiutare la coppia a uscire dal loop

 

Come è nata l’idea di coinvolgere il pubblico in prima persona?

FRANCESCA: Non possiamo parlare di rottura della quarta parete, in questo caso. In realtà, interrogare il pubblico non era una volontà specifica inizialmente; è stato piuttosto un mezzo per rappresentare quello che avevamo in mente. Fin dall’inizio ci siamo chiesti: qual è la posizione dell’audience nei confronti della storia? Così siamo arrivati alla conclusione: l’unico modo per liberare i nostri personaggi è avere un aiuto esterno. Avevamo bisogno di un altro personaggio per fare in modo che la storia avanzasse: e allora perché non fare in modo che fosse il pubblico, a diventare questo personaggio? 

 

Da quanto mi dite, la storia e gli escamotage narrativi mi ricordano molto opere come Se mi lasci ti cancello e La trilogia dei colori, o sbaglio?

FRANCESCA: Per quanto riguarda Se mi lasci ti cancello, all’inizio pensavamo anche di citarlo, poi però abbiamo lavorato sia in questo che in altri sensi. Abbiamo cercato semplicemente di seguire alcune direzioni date dalla connessione con quest’opera, ma niente di più.

IREM: Non penso che invece abbia influito sul lavoro La trilogia dei colori; l’ho guardato di nuovo prima di lavorare a questo film, ma non penso abbia influito. Quello su cui lui ha lavorato Kieślowski è più legato al diritto, ed è diverso da quello che volevamo fare noi. Noi volevamo giocare sul montaggio della memoria: piuttosto, come diceva Francesca, una importante reference per il lavoro è stata l’opera di Charlie Kaufman

 

Quindi era un’idea del tempo, quella su cui volevate concentrarvi?

IREM: In questo spettacolo ci sono tutte le direzioni del tempo: passato, presente, e futuro; e ogni direzione ha un proprio mezzo di espressione. Non abbiamo rappresentato il tempo linearmente, ci siamo concentrati soprattutto sulla concatenazione del tempo, sulla struttura del tempo. E questo lavoro sui piani temporali ci ha permesso di approfondire ancora di più lo studio dei nostri personaggi: quando abbiamo lavorato al film, per esempio, abbiamo trovato qualcosa di più profondo in loro. Così, una volta tornati in teatro, ci siamo resi conto che i personaggi erano più connessi, avevano una storia da condividere: la connessione era più complessa.

 

E ora, quali sono i prossimi passi per lo spettacolo?

FRANCESCA: Dobbiamo ancora lavorare molto sulla terza parte e quindi anche sul montaggio di tutte e tre le parti insieme. Inoltre lavorare in Francia ci ha trasmesso sicuramente la voglia e la curiosità di aprire il progetto a nuovi scenari e di non tenerlo strettamente in Italia e - di conseguenza - in italiano.

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