Michela Lamedica

Michela Lamedica
Donostia - San Sebastián - Spain
Con LUZURIAGA MARTXA (Luzuriaga In Movimento) si vuole intraprendere la riconversione dell'edificio industriale abbandonato Luzuriaga (San Sebastián, Spagna), attraverso un processo sperimentale basato sul recupero proattivo, che rifiuta le costose riconversioni abituali in favore di una strategia basata sulla sostenibilità e la partecipazione.
L'obiettivo è attivare un nuovo spazio urbano di enorme carica emozionale e poetica insieme ad una rete di cittadinanza attiva, valorizzando il patrimonio industriale in disuso e generando un modello di riutilizzazione che funga da prototipo.
Clicca qui per commentare su Twitter il progetto di Michela
Ente invitante
M-etxea Arkitekturaren Ikerketa Elkartea - Collettivo di Donostia (San Sebastian) interessato all'architettura e nato nel 2007. Dopo anni di laboratori, il centro culturale Mitxelena incarica M-etxea di occuparsi dell’allestimento della mostra "Revolviendo en la Basura", utilizzando materiali riciclati. Nel 2010, il gruppo si è costituito come associazione.
Pur essendo trascorsi soltanto alcuni decenni, il mondo industriale sembra appartenere a una realtà sepolta alle nostre spalle. Restano però, a testimonianza di ciò che è stato, i grandi colossi architettonici, il più delle volte edifici in disuso abbandonati al loro destino. Michela Lamedica, insieme al collettivo M-etxea si è interessata proprio a uno di questi, il Luzuriaga di San Sebastian, Paesi Baschi, un complesso di acciaierie attivo dal 1918 al 1994 e poi spento per sempre. Mi chiedo spesso se la riqualificazione urbana, per certi versi, sia anche un modo per restare in contatto con un periodo e un’evoluzione storica (o involuzione, a seconda di come la si pensi) che non ci appartiene più – e che a volte stentiamo a rievocare. Michela Lamedica, saggiamente, mi ricorda che essa risponde innanzitutto a una necessità sociale contemporanea: garantire il diritto all’abitare e il diritto a vivere in un contesto decoroso, in un mondo stroncato da una crisi economica generata da errate strategie urbane che favorivano la speculazione, soprattutto edilizia.
Da dove viene l’interesse di Michela per l’arte? Michela è immersa nell’arte fin da quando è bambina, principalmente grazie ai nonni. Entrambi sono appassionati d’arte – lui di quella antica, lei di avanguardia russa. Con e grazie a loro si muove presto in un mondo costellato di mostre, meeting di artisti, eventi e manifestazioni d’arte da loro organizzate e promosse, per pura passione. Il suo primo amore è la fotografia e, in particolare, il lavoro in camera oscura, che conosce durante un anno di liceo negli Stati Uniti. Gli studi universitari di architettura le permettono poi di entrare in contatto con moltissimi altri campi artistici, e veder dispiegato un enorme ventaglio di possibilità e interazione tra le diverse pratiche.
Come hai conosciuto il collettivo M-etxea e come è nata la collaborazione?
Ho conosciuto il collettivo M-etxea grazie a conoscenze comuni nel 2012, appena arrivata a San Sebastian, dopo l’esperienza Leonardo a Valencia. Mi sono immediatamente innamorata di questo connubio di anime ribelli, orizzontali, eticamente compromesse. Ho cominciato fin da subito a collaborare a lavori già in corso, e ho vissuto due anni con il collettivo, contribuendo a promuovere nuovi progetti.
La riconversione del edificio industriale di Luzuriaga risponde all’idea di “rendere più vivibile l’esistente prima di realizzare il nuovo”. Quali sono le principali implicazioni di una scelta del genere?
Questa filosofia, per me quasi un precetto, comporta un’attuazione consapevole su varie scale, dalla più piccola alla più grande: dal trasformare uno spazzolino da denti usato in un braccialetto, al recupero del patrimonio edificato esistente. Si tratta di un albero antico – e d’altronde non siamo certo noi ad aver inventato il recupero, lo abbiamo solo dimenticato – che si compone di molti rami: l’ecologia, il rispetto e la valorizzazione del passato, la sostenibilità economica, la praticità, il rifiuto di un approccio capitalista alla vita, e, in ultima analisi, la celebrazione dell’ingegno umano, capace di trasformare e vedere oltre il "rudere".
Oltre al recupero dell’edificio, il progetto mira a restituire ai suoi cittadini (e reintegrare nel territorio) un luogo urbano che per anni ha scandito la vita di centinaia di famiglie. Hai paragonato questo intervento architettonico a un processo biologico, accostando l’idea di città a un corpo vivo e pulsante: spiegaci perché.
Gli interventi urbani sono forse l’operazione più complessa nel mondo dell’architettura. Non si tratta più del processo “intuitivo” del progettare un edificio che si mantenga in piedi, che risponda alle leggi della fisica secondo un ragionamento 2 + 2 = 4. Quando s’interviene sulla città, si viene a toccare un equilibrio millenario, per quanto caotico, e ogni pietra mossa può dar luogo a un effetto a farfalla, che stravolge l’intorno più o meno prossimo. Per questo, come con il corpo umano, non si può operare senza sapere come ogni organo influisca e dipenda dagli altri. Un grande pioniere della partecipazione, Jaime Lerner, parla quindi di agopuntura urbana, pensando a interventi urbani su piccola scala, che coinvolgano la comunità del luogo e che possano curare problematiche più ampie.
Che spazio diventerà il Luzuriaga, avete già delle idee? Al momento si tratta di una “scatola vuota”; viene spontaneo chiedersi: come riempirla?
Luzuriaga sarà ciò che risulterà dall’interazione tra tutte le persone, i gruppi e le entità che vi graviteranno intorno. Il contenitore sarà al servizio dei suoi "contenuti", ovvero gli utenti, con l’unica condizione che si promuova quanto più possibile una gestione collettiva, aperta e non discriminatoria. M-etxea sarà un propulsore e si adopererà per rendere vivibile il contenitore.
Il progetto di Luzuriaga Martxan nasce e si sviluppa nei Paesi Baschi. Avete in cantiere di portare avanti progetti simili in Italia?
Sarebbe bellissimo e, in quanto umbra, sono particolarmente attratta dalla possibilità di poter portare avanti questo discorso a Terni, città sventrata da un passato/presente industriale che non bisogna nascondere. Ci stiamo lavorando, vediamo se dopo Luzuriaga sarà possibile attivare qualche collaborazione interstatale. Sarebbe molto interessante, considerando anche il fatto che il movimento di collettivi che in Italia si muovono con questa filosofia e ideali cresce di giorno in giorno.
Per quanto abbia un valore relativo, cara Michela, noi ti sosteniamo!