PASSERA GIULIA (UHURU REPUBBLIC)

Giulia Passera - Marina Mazzoli ph
Altro
Danza
Musica

PASSERA GIULIA (UHURU REPUBBLIC)

Destinazione

Zanzibar - Tanzania

Periodo
-
Tornata
Il progetto (e info su ente)

IL PROGETTO

Il collettivo artistico Uhuru Republic, di cui l’artista è fondatrice, dal 2018 ad oggi ha creato un ponte culturale fra Italia e Tanzania, fondendo i linguaggi artistici in ambito di musica, danza ed arti visive.

Con il supporto dell'Ambasciata d'Italia a Dar Es Salaam e della DCMA a Zanzibar ha il nuovo obiettivo di partecipare allo Zanzibar International Film Festival proponendo la sonorizzazione dal vivo di un cortometraggio selezionato dal festival. La sonorizzazione verrà costruita attraverso una masterclass di composizione che coinvolgerà gli studenti della DCMA.

ENTE OSPITANTE

Dhow Countries Music Academy è l'unica scuola di musica con sede in Zanzibar. La scuola si pone l’obiettivo di preservare e promuovere il patrimonio musicale di Zanzibar, la "regione dei dhow" che comprende i paesi lungo le coste dell'Oceano Indiano e del Golfo Arabo quali Zanzibar, Comorros, Oman, Kuwait, Iran, U.A.E e India. Particolare enfasi viene data all'insegnamento degli stili di musica tradizionale, come taarab, kidumbak e ngoma. La DCMA è orgogliosa di custodire il patrimonio culturale vivente e di conservare l'eredità musicale di Zanzibar e della "regione del dhow".

L’Accademia fa della musica lo strumento per il cambiamento sociale e l'empowerment dei giovani. La DCMA è attiva nel creare opportunità di lavoro per dei propri studenti, per i quali la musica è diventata oramai una professione. Grazie all'educazione ricevuta alla DCMA, molti di essi godono ora di carriere musicali locali e internazionali. La DCMA organizza circa 170 concerti all'anno e collabora con alberghi e ristoranti nell’offerta musicale. Gli studenti e i diplomati della DCMA si esibiscono regolarmente a Zanzibar, in Tanzania, in Africa e in altri continenti

 

Intervista

Iniziamo dal principio: quale è il tuo percorso personale è artistico?

Io sono una musicista, ho studiato musica classica e poi jazz al conservatorio di Torino, sono pianista e cantante. Nella vita ho sempre viaggiato molto per lavoro e per passione — sono anche un’istruttrice subacquea, quindi divido il mio anno fra la musica e qualche mese dedicato alla subacquea viaggiando per il mondo.

 

Quindi sei partita da un contesto abbastanza istituzionalizzato come possono esserlo i conservatori: quale è stato il passaggio che ti ha portata alla fondazione del tuo collettivo artistico? 

Ci sono stati diversi passaggi di carriera: intorno ai 20 anni ho iniziato a collaborare con una serie di produttori di musica elettronica e dj — prima a Torino e poi in tutta Europa — in una serie di collettivi artistici in cui sono stata e sono tuttora in tour. 

Dopodiché ne 2016 sono stata invitata in Tanzania da due amici, dei documentaristi e registi che si erano trasferiti lì per lavorare a dei progetti legati alla conservazione del patrimonio culturale artistico, architettonico e paesaggistico/naturalistico. Lì sono stata invitata insieme a Filippo Quaglia, produttore elettronico di Genova, a realizzare una performance privata di audio, video e arti performative (danza e pittura) per uno sponsor.

Mi sono innamorata del luogo, della sua cultura molto variegata. Sono entrata in contatto con una serie di enti e persone virtuosi che lavorano sul territorio e così, un passo alla volta sono riuscita a costruire questo progetto con il supporto del conservatorio di Zanzibar, la Dhow Countries Music Academy, dell’ambasciata italiana a Dar es Salaam, ed una serie di spazi artistici fra cui il Nafasi Art Space di Dar es Salaam. 

 

Una realtà che poi si è evoluta…

Il progetto è partito dalla musica nel 2018, ha coinvolto le arti visive nel 2019 — sono riuscita a coinvolgere Nicola Alessandrini e Lisa Gelli, due artisti visivi importanti, e Filippo Basile, che ha una serigrafia d’arte, che hanno esteso il linguaggio del collettivo anche al segno e al disegno. 

Quest’anno si passa invece a dialogare con le immagini: collaboreremo con ZIFF, lo Zanzibar International Film Festival, ed il suo direttore Martin Mhando, che è una mente geniale, che ha selezionato due documentari che hanno come tematica la conservazione del mare, del paesaggio e della tradizione dei dhow, che sono le barche tradizionali zanzibarine; noi andremo ad interagire con il regista e con le immagini di questo documentario, modificandole e creando un vero e proprio dialogo con la musica 

 

Parliamo della DCMA: che aria si respira, e com’è interfacciarsi con i musicisti di là? 

La DCMA è un’accademia assolutamente unica probabilmente in tutto il continente africano, dedicata a preservate e portare avanti la tradizione musicale di Zanzibar, che è molto specifica: si parla di musica taarab, che è la principale corrente musicale della costa della Tanzania e del Kenya, ma contaminata dalle influenze che l’isola ha ricevuto nei secoli: India, Thailandia, Indonesia, e ovviamente il resto dell’Africa.

La loro mission è di portare avanti la tradizione, istruendo nuovi musicisti anche alla musica classica, ma soprattutto è di aprire ai musicisti locali molte porte di collaborazione internazionale, quindi sia i musicisti che l’istituzione stessa sono molto molto aperti a ricevere musicisti stranieri e a produrre, ad essere creativi insieme.

 

Quindi l’intenzione è lì che stai organizzando la tua masterclass. 

Noi abbiamo già iniziato a distanza ad interagire sia con i musicisti dell’accademia, sia studenti che insegnanti, sia con il direttore dello ZIF, e presto incontreremo il regista del documentario. Inizieremo la prima stesura di una serie di idee compositive, partendo da dei beat elettronici, a distanza, dopo aver discusso con i musicisti ed il regista di quali vogliamo siano i temi ed i suoni portanti di quello che accadrà. Dopodiché, il 2 ottobre ci sposteremo in Tanzania: saremo in tre: io, un produttore elettronico ed un compositore violista e violinista che coordinerà la sezione archi. 

Una volta lì faremo una sessione di scrittura collettiva, e masterclass di composizione, abbastanza lunga: saranno quattro giorni o cinque, e poi altri quattro o cinque con un weekend di mezzo. Sarà presenta anche il regista del documentario che si porterà un operatore e la camera, e come noi comporremo la colonna sonora con l’elettronica e questa orchestra di strumenti classici e tradizionali della musica taarab, e ci seguirà e dialogherà con la musica attraverso le sue immagini.

Dopo queste due settimane di scrittura creativa insieme, avverrà la prima performance dentro al  meraviglioso forte arabo di Zanzibar: verrà allestito un palco con un telo su cui verrà proiettato il documentario, e noi saremo lì con elettronica e orchestra a performarne la colonna sonora.

Molto probabilmente anche il voiceover originale del documentario sarà parte del dialogo artistico, molto probabilmente lo riecciteremo con suoni ed effetti in una chiave artistica moderna, effettata, loopata, editata, in modo che diventi parte della colonna sonora dell’esperienza.

 

Oltre a questa esperienza, che altro c’è nel tuo futuro? 

Sicuramente per quanto riguarda Urhuru Republic i prossimi step sono due: uno è l’uscita di un singolo scritto in collaborazione con Blinky Bill, che è un artista kenyano molto interessante e Rafaela Ragon che sta lavorando sulla parte elettronica, e cantato da me.

Il progetto ed io se tutto va bene abbiamo in programma una residenza artistica di restituzione per un artista visivo ed un musicista della Tanzania o del Kenya, che intendiamo portare in Italia per una serie di residenze, esposizioni e concerti.

Per quanto mi riguarda, i miei vari progetti personali e collettivi artistici nonostante il periodo proseguono — per esempio, quello con la vita più lunga si chiama Sweet Life Society, è intento a scrivere il prossimo disco con l’intento di portarlo in tour in tutta Europa come abbiamo sempre fatto.