Dance

Dance
INSTALLAZIONE
Un giradischi acceso sul pavimento in mezzo alla stanza.
Al centro del piatto vi è fissato un mappamondo che compie indisturbato il suo moto di rotazione.
Non c’è nessun vinile che suona ma un disco di alluminio, su cui una punta di ferro sostituisce la classica puntina e lascia la sua incisione attorno al globo, oltre che un suono ruvido e ossessivo che riecheggia tutt’attorno.
Con questo lavoro, l’artista indaga sul concetto di spazio e di geografie fisiche e mentali proponendo una percezione dell’ambiente che attrae e coinvolge.
Mette in gioco il divenire che incede, la circolarità del tempo, l’avvicendarsi degli attimi e delle stagioni, degli spostamenti, e l’ inevitabilità di certi eventi che si srotolano su di noi, di fianco, o fuori, o dentro, di cui spesso non ci accorgiamo e ci appaiono così lontani, eppure sono così vicini.
Tutto scorre. Il Panta rei eraclitiano viene però messo in discussione dal solco che resta nonostante il tutto passi, traccia temporale e concreta, orbita e ferita, che via via s’ ispessisce sempre di più. Il cerchio, così perfetto, cosi irraggiungibile dalle nostre facoltà, ripassato, ricalcato perde la sua primitiva perfezione e diviene onda e lacerazione.
Lo spazio esige un movimento. Il movimento genera spazio. Il moto produce sempre un suono, seppur impercettibile.
Suono che può ripetersi ossessivamente in modo orbicolare.
Qui esso viene esaltato ed eternato, immergendo lo spettatore in un viaggio circolare e infinito.