PESCE DI SCARTO

PESCE DI SCARTO

2018-2020 Installazione

Peso travertino: 80kg Peso struttura 30kg Dimensione: 1mx1m Materiale: Travertino e legno di castagno 33 pezzi di travertino allestiti attorno all’opera di dimensione variabile

Storia del ritrovamento archeologico:

“Pesce di scarto” è una riflessione sul dissotterrare gli oggetti sacri, come le tombe etrusche, ma è anche uno sguardo rivolto verso i ricercatori della Natura, che con l’intento di collezionare, catalogare ed archiviare oggetti naturali, le hanno quasi tolto la libertà di tornare alla terra, scomparendo.

Nella cava di travertino la Querciolaia Rinascente, a Serre di Rapolano, tra gli scarti di materiale è stato ritrovato un fossile convesso di un pesce appartenente almeno all’Era Pliocenica. Il ritrovato che ad una prima occhiata apparente equivale ad una normale roccia di travertino, con un secondo sguardo mirato alla conoscenza, porta alla scoperta di un oggetto di inestimabile cultura e storia. La razza di questo pesce sembra essere sconosciuta dalle attuali ricerche scientifiche, ma nel tempo troveremo maggiori informazioni a proposito.

Il pesce definito come “un pesce di scarto” attraverso il nome racconta del suo bizzarro ritrovamento: tutti gli uomini della cava erano convinti che la sua 

identità appartenesse più al travertino che al mondo archeologico. Solitamente i fossili e i ritrovamenti archeologici una volta raccolti vengono schedati e inseriti in archivi e teche museali, diventando così oggetti sacri e immortali. La musealizzazione porta ad ufficializzare l’effettiva importanza di questo oggetto per la nostra cultura, ma ci porta ad ignorare il punto di vista della Natura o quello del fossile ritrovato. L’azione museale fa perdurare un classico atto iconoclasta ormai normalizzato dagli storici, che documentano le passate realtà territoriali, talvolta senza considerare il rispetto culturale da cui proviene il ritrovamento stesso.

Storia vera del ritrovamento archeologico:

L’opera è uno scarto raccolto nella cava Querciolaia Rinascente, a Serre di Rapolano. L’artista nell’aspetto della pietra ha subito letto una somiglianza con un pesce. Gli scavatori delle cave spesso ritrovano fossili e ossa di animali sedimentati nella roccia. Così nasce la storia del “pesce di scarto” che da un lato racconta l’esistenza di questi manufatti da un altro lato racconta la storia della pietra. Il travertino è un materiale polifunzionale, non ne viene sprecato neanche un granello di polvere: è presente nelle architetture, negli oggetti d’arredo, ma è anche parte dell’asfalto su cui camminiamo.

Allestimento :

L’opera potrà dirsi conclusa quando le si permetterà di morire liberamente e quindi continuare il suo processo mortifero che la porterà a scomparire. Questo avverrà quando sarà possibile creare un museo marino che offra la possibilità di fruire l’opera allo spettatore, ma anche di permetterle il naturale deterioramento nel corso dei secoli. In questo modo viene rispettato lo sguardo animista nei confronti del fossile ritrovato, ma anche il desiderio umano di musealizzare gli oggetti che l’uomo ritiene debbano essere ricordati. L’opera verrà allestita in un fondale marino, realizzando quindi il primo museo marino mortale che avrà la valenza temporale del “pesce di scarto”.

Il basamento in legno di castagno (legno utilizzato per la costruzione delle colonne che sostengono Venezia), su cui è disteso il pesce, riprende la forma stilizzata delle strutture in ferro utilizzate nelle cave di travertino, lettini metallici impiegati per trasportare e posizionare il materiale nella parte esterna dei capannoni.

Il legno di castagno è un materiale non inquinante e attraverso l’ossidazione cambia colore diventando grigio: un elemento naturale che cerca di portare il ritrovamento nel suo ambiente naturale. Attorno alla struttura sono posizionati 33 pezzi di scarto di travertino che vogliono, attraverso la loro forma, ricordare il fondale di un’ambientazione marina.