Specchiarsi nell'abisso

Specchiarsi nell'abisso
Con lucidità ebbra giunse sulla soglia di quel mondo fatto di specchi, privo di fondo, strano affastellarsi di immagini di dolce abbandono e di disperazione. Lei, specchio dell'abisso, non aveva paura di specchiarsi nell'abisso. Manteneva l'equilibrio, ma la vertigine la risucchiava nel vortice dell'incoscienza e sapeva che presto la corazza sarebbe andata in frantumi: nel momento in cui avrebbe toccato il suolo e strisciato nel fango, in cui sarebbe sprofondata, allora avrebbe spiccato il volo e raggiunto il cielo, allora avrebbe conosciuto la luce pura. Non aveva paura della propria immagine riflessa, sapeva che la condizione ultima per salvarsi è perdersi, per sempre: lasciarsi andare al movimento che da dietro rapisce - una carezza lieve senza nome e senza volto che mette i brividi. Sapeva che la febbre è la condizione necessaria per vivere all'altezza dell'amore illimitato, assoluto. Il suo sguardo non osservava, ma illuminava tutto, era insieme cieco e veggente, ammaliante mi richiamava in un universo stregato in cui sarebbe stato insieme piacevole e angoscioso inoltrarsi.