Chiara Bersani

Teatro
Danza

Chiara Bersani

Destinazione

Paris - France

Periodo
-
Tornata
Il progetto (e info su ente)

Affiancando per tre mesi il coreografo Jérôme Bel - personalità straordinaria del panorama performativo internazionale - Chiara Bersani seguirà la realizzazione di una nuova produzione, dal titolo ancora in definizione, che si propone di diventare un prodotto professionale vendibile in Francia e all’estero e che coinvolgerà interpreti non professionisti e disabili. L’artista, profondamente interessata alla componente creativa, pedagogica e compositiva dell’opera, verrà formata per diventare poi l’assistente di riferimento del progetto seguendo Bel, in qualità di unica referente, nelle future tourneè internazionali.

La partenza di Chiara Bersani per il suo progetto è stata posticipata al 27 febbraio.

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Ente invitante

R.B. Jérôme Bel - Jerome Bel, coreografo di fama internazionale, è nato nel 1964 e vive a Parigi. Ha studiato presso il Centre National de Danse Contemporaine di Angers (Francia) negli anni 1984-1985. Nel 1992 è stato assistente del regista e coreografo Philippe Decouflé per le cerimonie dei Giochi Olimpici Invernali di Albertville XVI e Savoia (Francia). L'insieme della sua opera coreografica si pone in osservazione delle convenzioni dello spettacolo, analizzandole nella loro pura materialità.

www.jeromebel.fr

Intervista

di Francesca Manfredi

Chiara Bersani ha 30 anni, viene da un piccolo paese vicino a Piacenza ed è affetta da una forma medio grave di Osteogenesi Imperfetta. La sua arte, come lei stessa ama definire, è “in continua evoluzione”. Dal 2007 collabora con il coreografo Alessandro Sciarroni, con l’associazione culturale Corpoceleste_C.C.00# e con il performer Matteo Ramponi. Ha collaborato, inoltre, con il regista e autore teatrale Rodrigo Garcia, e dal 2010 partecipa attivamente ai progetti della compagnia madrileña La Tristura.

Jérôme Bel è un coreografo di fama internazionale. In uno dei suoi ultimi spettacoli, l’opera Disabled Theatre, si è confrontato con un cast interamente composto da performer affetti da Sindrome di Down. Nell’estate del 2014, all’interno del progetto della Biennale di Venezia Biennale College Danza, il percorso di Chiara e quello di Jérôme si incrociano. L’incontro con Chiara rappresenta un ponte tra Disabled Theatre e il nuovo lavoro del coreografo che, proprio in quel periodo, sta prendendo forma, in cui la disabilità rappresenta non più l’argomento centrale della riflessione, ma una delle molteplici tipologie di esseri umani esistenti. È proprio per continuare la riflessione iniziata a Venezia - che nel frattempo, grazie a una serie di incontri e laboratori tenuti con un gruppo eterogeneo di amateur, è sfociata in una nuova produzione - che Chiara viene invitata a Parigi, in qualità di assistente di Jérôme Bel.

Chiara, parlaci di te.

Il percorso che mi ha portato qui è stato piuttosto eterogeneo. Mi sono formata nei campi della ricerca teatrale e delle arti visive, prediligendo al percorso accademico uno più liquido e indipendente, composto da incontri, contaminazioni e dialoghi. La predisposizione alla formazione e all’apprendimento è una costante che mi accompagna in ogni collaborazione, con artisti affermati e con artisti emergenti, a patto che ci siano alla base affinità umana, artistica ed etica. Non riesco a concepire il lavoro senza considerare il contesto in cui è inserito. Sono convinta che l’artista abbia una forte responsabilità politica e umana nella nostra società, che il nostro tempo gli imponga di uscire in strada e formarsi nel quotidiano. Il fatto di essere disabile amplifica la mia percezione di questo senso di responsabilità: formarsi e lavorare in Italia come artista disabile è molto complicato. Non esistono strade strutturate né una vera e propria domanda. Sta a me, a noi - mi piace pensare che altri artisti disabili italiani stiano battendosi per lo stesso obiettivo - tracciare nuovi sentieri laddove in pochi, prima d’ora, hanno osato sperimentare. Raccontaci dell’incontro con Jérôme Bel. Jérôme era uno dei docenti del percorso di alta formazione per danzatori proposto da Biennale Danza, e io ero tra i performer selezionati per frequentare il suo corso. Il fine ultimo dei giorni di lavoro era la creazione e composizione di due performance, Nuovo Mondo e Senza Titolo, da presentare nel corso della Biennale. Il progetto di ricerca vedeva coinvolti un gruppo di professionisti e un gruppo di amatoriali chiamati condividere lo spazio e le azioni sceniche. Prima di conoscere Jérôme personalmente ero interessata soprattutto al rigore della sua ricerca, ma dopo i giorni di lavoro a Venezia il mio interesse si è spostato sul lato umano. Nel periodo di lavoro l’ho osservato dialogare con decine di persone con background, corpi e competenze diverse, e impegnarsi nella ricerca di un linguaggio idoneo ad ognuno. Credo che sia stato questo, più di tutto, a colpirmi e farmi desiderare di lavorare ancora con lui.

Come si articolerà questo periodo di affiancamento a Parigi?

Il lavoro con Jérôme è iniziato già a distanza, con incontri skype in cui abbiamo discusso del lavoro. Nei prossimi mesi seguirò inizialmente le prove in studio con l’equipe e, successivamente, il lavoro per il debutto e le prime tournée. Venendo dall’esperienza veneziana ho il privilegio di avere una visione completa del percorso creativo dell’opera, pertanto il mio ruolo al suo interno è molto flessibile. Mi alternerò tra il dentro e il fuori scena, tra l’essere performer e osservatrice. Non ho un ruolo definito, e questo aspetto mi entusiasma. Sperimentare la ricerca di questo artista mettendomi in gioco tra diverse posizioni era esattamente quello che desideravo.

Puoi darci qualche anticipazione della nuova produzione a cui lavorerete?

Trattandosi di un debutto temo di non poter anticipare molto! Posso dire che il lavoro s’intitolerà Gala e prenderà vita grazie a un coloratissimo e folle cast parigino (con un’incursione italiana). La prima data fuori dalla Francia è prevista a Bruxelles, dove il lavoro verrà interamente riallestito grazie a un cast locale. Racconti di voler sfruttare i periodi di pausa dal lavoro per condurre una tua personale ricerca artistico-coreografica. Sì, sto lavorando alla creazione di una nuova opera coreografica con un ottetto canoro di voci maschili. È un progetto che porto avanti ormai da un paio d’anni e che ora sta entrando nella fase più complessa del percorso ovvero quella compositiva. Il lavoro si chiamerà Tell Me More e debutterà ad Agosto.

Che cosa ti aspetti da questa esperienza?

Mi ha portato qui la ricerca di un maestro, soprattutto. Non avendo alle mie spalle una formazione di tipo scolastico, nel mio percorso ho identificato artisti che stimavo e ho cercato il modo di studiare o lavorare con loro, facendo esperienza della loro pratica. Durante questi mesi, dunque, mi terrò impegnata ad apprendere, esplorare, sperimentare il più possibile.

Resoconto

Bentornata, Chiara! Com’è andata?

Sono molto soddisfatta di tutto ciò che è avvenuto in questi mesi: del dialogo instaurato con Jérôme Bel, del lavoro, delle piccole vittorie quotidiane alle sfide che una metropoli sconosciuta presenta a una persona in carrozzina. È stata un’esperienza totalizzante, che ha coinvolto tanto la sfera professionale quanto quella privata. Torno a casa con un bagaglio di riflessioni enorme: avrò bisogno di un po’ di tempo per fare ordine e capire meglio l’effetto che i singoli momenti hanno avuto su di me. Se dovessimo risentirci tra qualche mese credo che il quadro sarebbe più chiaro…ora sono ancora palpitante!

Cerchiamo di fare un po’ d’ordine insieme, allora: come è stato l’impatto con una realtà totalmente nuova?

Devo ammettere che non è stato semplice, più che con la realtà lavorativa con la città. Parigi è grande e complicata, specialmente se sei in carrozzina. Inoltre, noi lavoravamo ad Aubervilliers, una zona un po’ fuori mano, non molto servita dai mezzi di trasporto. Organizzare i tragitti, gli alberghi, cercare soluzioni alternative quando l’accessibilità a metro e pullman viene negata, tentare di far combaciare gli spostamenti con quelli dei colleghi per farsi aiutare con marciapiedi, prenotare i taxi negli orari con le tariffe più basse per rientrare nel budget a disposizione... è stato un lavoro da funambolo. Sono felice di esserci riuscita, anche se ammetto di avere avuto qualche momento di sconforto. Sicuramente si è trattato di una palestra di sopravvivenza alla giungla metropolitana, che mi sarà molto utile in futuro.

Con Jérôme Bel e la sua equipe, invece, com’è andata?

Se non sentirò la nostalgia di Parigi, dei suoi costi e delle strade, non posso dire lo stesso per le persone e l’atmosfera che si respirava sul lavoro. Mi mancheranno i dialoghi con Jérôme e gli altri assistenti, gli stimoli intellettuali e riflessivi ai quali ero sottoposta ogni giorno, le riunioni prima degli spettacoli, dalle quali si usciva sempre con una nuova visione del lavoro. Mi mancherà l’umanità con cui questa grande macchina che è Gala è stata orchestrata. Mi mancherà il sentirmi parte di un’opera d’arte preziosa, che posso dire di aver amato molto.

Parlaci di quest’opera e del suo debutto, allora.

Gala è un lavoro molto complesso, basato su una ricerca costante d’equilibrio. Ogni volta in cui viene presentato in una località diversa il cast cambia completamente e, con esso, anche la struttura stessa subisce modifiche. Il mio periodo a Parigi è coinciso con la creazione dello scheletro di questa struttura, da un punto di vista sia drammaturgico sia produttivo. E’ stato molto interessante essere presente su entrambi i fronti, diventando così testimone della creazione di una macchina molto articolata, il cui destino sarà di diventare sempre più autonoma e rodata. L’incontro con il pubblico è stato molto positivo. La cosa più interessante è stata assistere a un modo di fare ricerca davvero singolare, che coinvolge gli spettatori in modo attivo.

Di cosa si tratta?

Nel corso delle repliche di Parigi, alla fine di ogni spettacolo, gli spettatori erano invitati a fermarsi e dare un feedback di quello che avevano visto. Il giorno dopo, alle prove, si partiva da lì: le impressioni raccolte diventavano materia prima di riflessione per rivedere, rianalizzare e sperimentare ulteriormente la struttura dell’opera apportando modifiche, spostamenti e ribaltamenti, spesso anche radicali. Il ruolo riservato ai fruitori del lavoro è stato per me realmente commovente: non avevo mai fatto esperienza, prima d’ora, di un dialogo tanto intenso e radicale tra un artista e il suo pubblico. L’onestà intellettuale con cui Jérôme e l’intera equipe di collaboratori ha gestito il lavoro, specialmente nei giorni in cui è stato presentato al pubblico, è stato l’aspetto che più mi ha colpito.

Come procede il lavoro sul tuo progetto, Tell Me More?

Come speravo, la scelta di portare avanti questi due lavori contemporaneamente è stata molto positiva. Mi ha aiutata ad identificare alcuni punti fragili del lavoro, oltre che a rimettere in discussione determinate strategie compositive. Ora che ho finito l’esperienza francese mi concentrerò esclusivamente su Tell Me More
 
Che cosa hai imparato da questo periodo?

Credo che abbia allenato il mio sguardo ad osservare in un modo diverso, che abbia ampliato la quantità di angolazioni conosciute. Spero che tutto ciò influirà anche sul mio rapporto con il pubblico.

di Francesca Manfredi - photo @Jérôme Biel