“22.10”

“22.10”

Sono le 22.10 della sera e non ho più nulla da perdere. Se non pensarti. Se non rivivere le scene, i baci, le parole. Se non cercare qualche tua traccia in questa casa vuota. Ma ho fatto le pulizie appena te ne sei andato. Ancora con i vestiti belli addosso e il trucco completamente colato. Anche se la casa era pulitissima. Ho appiattito la tua parte del letto. Ho spruzzato il mio profumo in ogni angolo della casa. L’aspirapolvere ha assolto ogni tua impronta sul pavimento. Volevo cancellarti. Mi sono accorta più tardi che nella mia mente non c’era nessuno a fare le pulizie. Le 22.10 sono micidiali da quando te ne sei andato. La mente si accende e il tuo nome mi soffoca il cuore. Poi, con molta agitazione prendo in mano il mio Mac e inizio a scrivere. Cancello, riscrivo, cancello. Ormai sono diventata monotona. Apro di meno le finestre. Ho paura delle folate d’aria estiva che mi hanno portato a te e con la stessa forza mi hanno tolto da te. Hai aperto la porta e mi hai guardata. Così come sei arrivato, così te ne sei andato. Devo essere stata una cretina con quel rossetto rosso e gli occhi verdi cascata. Tu per me rimarrai sempre bello, anche quando hai messo la mano su quella fottuta maniglia. Io ti ho preso e ti ho abbracciato l’ultima volta. Ho sentito il tuo profumo. Era pieno di guai, di confusione e di me. Alle 22.10 già non ricordavo che sapore avevi. Hai socchiuso lentamente quella porta e, come qualsiasi protagonista di una storia d’amore, sono scivolata a terra. E così è finita, è già finita. Tu dici che potresti tornare, io dico che non è vero. Il tempo per noi è scaduto. Il mio tempo è passato. Le lancette non posso ridarmi una nuova occasione di rivederti. I sogni tu non me li porti più e nemmeno gli orgasmi. O le risate fatte in una bella giornata di sole e le storie raccontate guardandoci negli occhi. Alle 22.10 ho girato per il centro di Brescia e ho sperato di incontrarti. Avevo in mano uno di quei bicchieri che ogni tanto rubo dai bar e ho indossato il mio vestito rosa a fiori. Ero la più bella. Mi sono accarezzata i capelli rossi pensandoti e ho letto wikipedia perchè non mi ricordavo le storie del Centro. Ma tu sei sempre stato più bravo a raccontarle. Ricordo il trullo dietro la Chiesa di San Faustino in Riposo, io che ridevo, la tua camicia blu bagnata dal caldo. Le nostre mani incredule di incontrarci. Il futuro che ci provava con noi. Ho sperato di incontrarti tra tutte quelle vie e di emozionarti. E di nuovo non ti ho visto. Vorrei esserci per te ed essere il tuo demone preferito. Penetrarti nel petto e spararti come tu fai con me. Ti lascerei in un macello di ossa e tra le fessure farei fiorire una pianta colorata. Avrebbe il tuo profumo e la tua stessa bellezza, i colori delle tue camice e mi riporterebbe pace. Senza di te sono comunque Sara, sappilo. Però sono Sara e basta. Ed è un pò difficile accettarlo quando, alle 22.10 di ogni sera, mi metto qui e scrivo. Perché i demoni adesso ce li ho anch’io e dormo dalla tua parte del letto. Amandoti ancora un pò troppo.