COCA COLA
COCA COLA
Treviso, ottobre 2006
Le ricche miniere della pittura veneziana
La formazione artistica della montebellunese M. Mathes è avvenuta presso l’ Accademia di Belle Arti di Venezia.
Attraverso le varie esperienze culturali, anche a carattere religioso, ed esoterico, Mathes ha consolidato il flusso costante delle sue primitive intuizioni rivelando una carica creativa articolata e complessa.
La sua ricca produzione artistica, infatti, appare orientata verso movimenti spesso contrastanti e deliberatamente inseriti in ogni singola opera. Si assiste, cosi’, ad una continua contaminazione tra scultura e pittura, tra iperrealismo e svariate tecniche informali, tra suggestioni pop e rivisitazioni “esuberanti” del Liberty, risolto naturalmente in chiave veneta: vale a dire con una straordianaria “tecnica decorativa” attraverso l’ evocazione fantastica delle variegate luci e dei colori di una città, come Venezia, “sospesa” tra le acque iridescenti della laguna e l’ azzurro luminoso del cielo.
Non a caso, quindi, l’ esaltazione erotica del corpo femminile, nelle opere della pittrice, avviene soprattutto mediante una contaminazione tra realismo poetico ed estetismo dannunziano, riversato su una decorazione materica comprendente anche oggetti “veri”: brillanti, perle,collane, pendagli incastonati in preziose montature: stimolante “dialettica” tra la bellezza di un oggetto reale, o comunque creato industrialmente, e la “sublime finzione” dell’ arte che, per noi veneti, resta ancorata all’ idea di un colore evocante l’Oro di Bisanzio nella luce di Venezia. Non a caso Marco Boschini nella prima guida artistica di Venezia: Le ricche miniere della pittura veneziane (1664) esalta, tra l'altro, i preziosi ornamenti (gioielli e vesti sontuose) realizzati da pittori come Veronese e Tiziano, artisti amati dalla Mathes anche perchè anticipatori di un gusto barocco che è parte integrante della sua personalità. Possiamo senz’ altro inserire la sua pittura nel clima del Postmoderno, definito da Liotard, dopo la fine delle ideologie dominanti (Illuminismo, Idealismo e Marxismo) il tentativo, talvolta riuscito, di rivisitare il passato con rinnovato spirito inventivo, talvolta con un gusto dissacrante e provocatorio, rifiutando la consolazione delle belle forme e del consenso di una parte del pubblico e della critica militante.
Perciò gli orientamenti figurativi e plastici della Mathes hanno saputo rievocare, con sensibile intelligenza critica, e con approfonditi studi sulla cultura orientale anche nei suoi aspetti esoterici e “decorativi”, la Pop Art in Italia, senza dimenticare , naturalmente, le profonde radici della cultura figurativa veneta.
Infatti la visione pittorica di tanta pittura di Martina Montagner è, in parte, legata a certe suggestioni di Enrico Baj, di Pino Pascali (si veda a proposito Primo piano labbra del 1964), di Ettore Soltas, di Giosetta Fioroni (Liberty, 1965) e di Domenico Gnoli. Tuttavia tali, naturali, suggestioni (l’arte nasce dall’ arte filtrata attraverso “ricordi” della natura) in Martina vengono calate in un contesto fortemente personale, con un gusto materico di eccezionale bellezza espressiva e luminosa.
Le opere della pittrice montebellunese ispirate alle “fanciulle in fiore”, uscite, si direbbe, da un clima sofisticato del Simbolismo e del Liberty (uno stile quest’ultimo, che è stato definito “figlio decadente dei fiori”) vengono dipinte con sontuosi abiti spesso ricamati ed esaltati, come abbiamo sottolineato, da gioielli “veri” che brillano sul piano pittorico come preziose gemme, creando un contrasto suggestivo tra il “rito antico” della buona pittura e la bellezza di un oggetto che possiede un autentico valore estetico.
L’artista stessa, del resto, in uno scritto recente spiega, in maniera esemplare, la sua poetica: il suo modo di concepire l’arte come una dimensione a lungo meditata in fondo al cuore:“Il titolo della mia mostra montebellunese è “Ambrosia”: sempre citata, assieme al nettare come dono degli dei ed è l’ alimento dell’ immortalità. In Omero gli dei e le dee, gli eroi e i loro cavalli, si nutrivano di Ambrosia: un cibo divino di cui i mortali non possono nutrirsi. Non possiamo conoscere il suo aspetto, ma si racconta che presenta forme e colori brillanti e unici e che il suo gusto abbia poteri afrodisiaci e conduce all’ immortalità.
Abbiamo anche un’ idea primigenia e biblica della donna e cibo come fonte di nutrimento: basta pensare alla figura femminile esaltata dal Cantico dei Cantici come frutto da gustare, fonte di godimento e di piacere sensuale. I piaceri della gola sono legati sin dalle origini dell’ uomo a quelle della sessualità e, in particolare, alla figura femminile: basti pensare al peccato originale di Adamo ed Eva. E’ da notare che il nesso tra donna, come nutrimento erotico, e come nutrice, è perfettamente evidente in tutta la pittura dal Medioevo al “700 (e basterà ricordare pittori come il Veronese, Tiziano e Giambattista Tiepolo). Recenti studi affermano che cibo e sesso hanno la stessa localizzazione cerebrale, gli stessi circuiti neuroendocrini, e sono gli stessi ormoni che controllano il piacere. Nella società attuale, in particolare nei media, nelle immagini di spettacolo e nelle pubblicità, il cibo è diventato espressione di lusso e di eccesso, sfiorando, a volte, un banale accoppiamento tra cibo ed erotismo”. Le pulsioni sessuali o Eros comprendono naturalmente, il desiderio di possedere l’oggetto amato e anche una forte spinta di autoconservazione. D’altra parte Eros è sovente associato a Thanatos, in quanto il rapporto passionale con l’ essere amato è portato alle estreme conseguenze e confina spesso con il desiderio di annullamento e di morte”.
Mathes percorre le vie, di Amore e Morte, con spregiudicata eleganza e ricchezza formale, soffermandosi, soprattutto, nella fase possessiva dell’ Eros.
Guardami è una bambina che è già inserita in un clima di suggestiva attrazione erotica, sia pure con una provocante connotazione di apparente spontaneità e romantico ardore perfettamente espresso dalla ricca corona plastica dei fiori che coprono il capo.
Nell’ opera Pausa, invece, la bellissima ragazza è attratta dal contenuto di una bevanda riversata su una tazza bianca e mescolata con un cucchiaino. Una pausa, in attesa di un piacere degustativo delicato e attraente.
Nell’ opera Il Bacio, la pittrice raggiunge una felice sintesi tra il significato tematico e l’assunto pittorico. La fanciulla osserva il cumulo di pietre preziose, muranesi, sostenuto dalla mano sinistra. Il suo sguardo è intensamente assorto in un atteggiamento psicologico quasi perplesso e malinconico. Osserva l’ emblema “prezioso” del bacio considerandolo il fulcro centrale di ogni esperienza erotica, ma anche un dono prezioso capace di suggerire l’idea di un suggello definitivo per unire due esseri umani.
Nella visione pittorica di Mathes prevale la componente apollinea. Tuttavia ci sono momenti in cui emerge nella sua anima una tensione saturnina, come nell’ opera Bevitrice d’assenzio e, soprattutto nel dipinto Melanconia, (Omaggio a Durer): un lavoro quest’ultimo di intensa forza espressiva che, pur richiamando la celebre incisione dureriana, riflette il clima del nostro tempo.
La complessità ideologica e simbolica della Melanconia del Durer, (appartenente a coloro che “ non possono escludere il loro pensiero oltre i limiti dello spazio e del tempo”) viene reiventata dalla pittrice montebellunese in chiave chiaramente esistenzialista. La sontuosa veste riflette inquietanti bagliori sanguigni e lo sguardo, assorto in un’ espressione di angoscia mortale, osserva una piccola finestra senza luce, mentre dalla sigaretta si eleva una spirale di fumo per indicare la brevità del tempo assegnato al nostro destino. Una Melanconia, dunque, che appartiene al pensiero negativo dell’ Esistenzialismo: l’ uomo non è altro che la “sentinella del nulla”, “dopo di noi”, afferma Brecht; con feroce ironia, “ nulla di notevole”.
Accanto al lavoro, dedicato all’ idea di un “male di vivere” insopportabile, Mathes dipinge una serie straordinaria di opere dedicata a svariati e attraenti dolci: vere e proprie metafore del desiderio erotico che sorge, secondo Freud, fin da quando il bambino succhia per la prima volta il seno materno. Tuttavia, anche in questo caso, la pittrice esegue un dipinto Le Poison (il veleno) contenuto entro una grande ciottola e dipinto con un rosso tizianesco, mentre un grande cucchiaio, ricolmo di crema, sta per immergersi nel cerchio luminoso della morte.
Le opere di Mathes, rappresentano, dunque, un percorso articolato e sorprendente, in quanto l’ artista è riuscita a trasformare il linguaggio delle recenti avanguardie, in una dimensione in cui prevalgono le Ricche miniere della pittura veneziana. Una pittura che , nelle sue connotazioni piu’ rasserenanti, ha sempre esaltato la bellezza decorativa di costumi, drappi, interni di palazzi, con una vera e propria gioia di possesso anche materico.
Basterà citare le “Cene” del Veronese: un vero e proprio “scrigno” dei piaceri erotici e gastronomici che anticipa gli ideali, esaltati dai Mass-media, della nostra Civiltà dei consumi.
13 luglio 2006
Ottorino Stefani