Pialassa

Pialassa

Tecnica diretta su cemento, botte da caccia in legno, metallo e vetroresina, scarti e giacenze di smalti e marmi, colla cementizia, stucco cementizio blu, binocolo

cm 80x95x95

a cura di Arianna Maestrale (Mixta)

in collaborazione con Koko Mosaico

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 “ […] Lo Stato incentiverà le persone fisiche e giuridiche, così come le collettività, a proteggere la natura, e promuoverà il rispetto di tutti gli elementi che formano un ecosistema.

art.71, Diritti della Natura, capitolo 7 della Costituzione dell’Ecuador del 2008

L’opera “Pialassa” di Rebecca Sforzani fa parte di un ampio progetto che l’artista ha pensato per più residenze in diversi luoghi, ed è legato all’introduzione della natura come soggetto di diritto all’interno della costituzione dell’Ecuador del 2008. Il mosaico, progettato dall’artista e realizzato con la preziosa collaborazione del laboratorio Koko Mosaico di Arianna Gallo durante la permanenza in residenza a Ravenna, raffigura un ambiente mediano tra acqua e cielo in cui vivono alcune specie di uccelli (fenicottero, cavaliere d’Italia, mignattino piombato, volpoca, airone rosso, spatola, moretta tabaccata, mignattaio, fistione turco, martin pescatore, gruccione), rappresentati a seguito di uno studio iconografico incrociato tra le figure dei manuali di birdwatching e i mosaici della tradizione ravennate, da cui viene per esempio l’utilizzo dell’oro per i riflessi dell’acqua.

Durante la sua permanenza in città l’artista ha studiato la relazione tra l’essere umano e la natura declinata nella specificità del territorio ravennate: guidata da esperti ed esperte ha approfondito la storia e gli aspetti naturalistici della pineta di San Vitale e della Pialassa Baiona, luoghi che hanno stimolato la sua ricerca perché fortemente identitari della città di Ravenna. Le pialasse sono grandi lagune salmastre che collegano la pineta al mare, derivano il loro nome dalla forma dialettale “pia e laza”, che indica il mutare continuo delle maree. Il rapporto instabile tra acqua e terra e il loro sempre precario equilibrio hanno dato luogo alla straordinaria biodiversità del comprensorio deltizio del Po, con un paesaggio mutevole in cui boschi, pinete e foreste allagate si alternano a zone umide interne d’acqua dolce o salata. Grazie a tale biodiversità, oggi come ai tempi dell’Impero Bizantino, possiamo incontrare moltissime specie ornitologiche anche molto rare, in gran parte testimoniate dai mosaici dei principali monumenti ravennati, tra i quali la cappella Arcivescovile o di Sant’Andrea, la cui volta a botte è stata un grande riferimento per l’opera.

Passeggiando per la pineta di San Vitale l’artista ha trovato una cartuccia da caccia e alcuni cartelli indicanti "divieto di caccia vagante”, scoprendo che altri tipi di caccia, come quella d’appostamento, sono praticati. Se è noto che le pialasse accolgono un vario e notevole ecosistema, è meno noto che vi sono presenti diversi atolli che d’autunno ospitano cacciatori appostati in particolari “botti da caccia” affioranti il livello dell’acqua. Proprio nelle stesse botti, al termine della stagione venatoria, avviene la nidificazione di numerose specie di uccelli. Da questa contraddizione si sviluppa l’opera di Rebecca Sforzani, che affronta l’incontro/scontro tra essere umano e  natura in chiave ravennate e perciò in relazione all’ambiente lacustre, agli uccelli acquatici e al loro habitat.

L’installazione, pertanto, consiste in una botte da caccia, originariamente botte da vino, mosaicata nelle sue pareti interne con immagini di specie ornitologiche, alcune rare, che da anni popolano le pialasse del Delta del Po. Posizionata sull’antico pavimento del presbiterio, al centro della cripta della Basilica di San Pietro Maggiore in San Francesco, l’opera è visibile al pubblico dalla finestrella posta sotto l’altare maggiore. L’installazione è anche fruibile tramite un binocolo, che rimanda sia alla pratica della caccia in botte personificando lo spettatore nel cacciatore, sia alla pratica del birdwatching ampiamente diffusa nel Parco del Delta del Po e nelle pialasse ravennati. Semplicemente appoggiata sul pavimento del presbiterio, naturalmente assoggettata alla variazione della falda freatica, così come nelle pialasse dove l’acqua “va e viene”, l’opera è essa stessa frutto di un andirivieni di situazioni. È prassi dell’artista, infatti, utilizzare materiali di scarto e reperire elementi grazie alle relazioni con le persone: la botte utilizzata le è stata regalata da due cacciatori ravennati, e le tessere dei mosaici sono ricavate da avanzi del laboratorio Koko Mosaico e giacenze di magazzino di una fabbrica per mosaico industriale (Ravennae). Inoltre, l’ideazione stessa dell’opera si è sviluppata sulla base delle diverse persone che l’artista ha incontrato e intervistato durante la residenza: i cittadini e le cittadine, il guardiaparco della Riserva Naturale

Pineta di Ravenna, gli esperti e le esperte del Museo NatuRa e del MAR Museo d’Arte della città di Ravenna, e il laboratorio di mosaico.

In definitiva, è un’opera che indaga i contrasti e le contraddizioni, non solo tra l’interno e l’esterno come suggerisce la forma della botte, ma anche tra la vita e la morte, tra l’essere umano e la natura. Nel riflettere sulla specifica questione della botte che è utilizzata sia per la caccia sia dagli uccelli per nidificare, pone in questione un’ambivalenza forte tra i contrari. Comunica che natura e cultura si intrecciano tra loro dando luogo, spesso, all’interferenza di una nei confronti dell’altra e viceversa.

Lo comunica con la tecnica del mosaico che anch’essa, sicuramente più di altri media figurativi, custodisce la magia di una forte ambivalenza: quella tra la bidimensionalità e la profondità della superficie.

Testo critico di Arianna Maestrale.

 

L'installazione è stata realizzata durante Residenze Musive,  la terza sezione del premio GAeM - Giovani Artisti e Mosaico, organizzata in collaborazione con GA/ER Giovani Artisti / Emilia-Romagna, nell’ambito del progetto “Costellazione - giovani connessioni creative”.

Grazie al laboratorio Koko Mosaico per la collaborazione: senza l’aiuto di Arianna Gallo, Luca Barberini, Melissa, Anita, Ivana e Alicia l’installazione Pialassa non avrebbe visto la luce. La botte da caccia, dopo una vita in pialassa e qualche anno in campagna, è stata donata all’artista da Ancarani e Barboni a nome di ATC RA 2, a cui va un altro ringraziamento. Grazie al personale del Museo NatuRA di Sant’Alberto e al guardiaparco della Pineta San Vitale per le consulenze ornitologiche; grazie a Marta Ghiberti e a Luigi Berardi per la preziosa visita alla Casa Batono.  Grazie alla Comunità dei Frati Minori Conventuali di Ravenna e a Padre Ivo Laurentini per l'ospitalità; alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e all'Arcidiocesi di Ravenna - Cervia; grazie ai Vigili del Fuoco di Ravenna per aver installato l'opera nella cripta. Infine un ringraziamento all'Associazione GA/ER - Giovani Artisti dell'Emilia Romagna e al MAR - Museo d'Arte della Città di Ravenna, per aver creduto nella proposta e per aver accompagnato con grande cura tutto il processo di creazione. Infine un ringraziamento all’Associazione GAER - Giovani Artisti dell’Emilia Romagna e al Museo d’Arte della Città di Ravenna, per aver creduto nella proposta e per aver accompagnato con grande cura tutto il processo di creazione.

 

L'installazione è visitabile per tutta la durata della Biennale del Mosaico Contemporaneo, dal 14 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024, presso la cripta sommersa della Basilica di San Francesco a Ravenna:

da lunedì a venerdì dalle 7 alle 12 e dalle 15 alle 19; sabato e domenica dalle 7alle 19

 

Photo credits: ©MAR-Museo d’Arte della città di Ravenna, ph. Fabrizio Zani