La gabbianella e il gatto

La gabbianella e il gatto
Lo spettacolo “La gabbianella e il gatto” è tratto da uno dei racconti più belli ed emozionanti della letteratura contemporanea: “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” di Luis Sepúlveda.
Scopo dello spettacolo è far entrare questa favola nella dimensione teatrale, mantenendo il più possibile invariati trama e contenuti.
Dieci anni fa, nel 2000, l’allora gruppo dei bambini del Teatro Accademia aveva già portato in scena questo stesso testo. Il regista G. Buresta, ha deciso di celebrare il decennale dello spettacolo riproponendolo sempre in chiave fiabesca, ma con una nota più matura, avvalendosi non più di bambini bensì di ragazzi, i quali interpretandola la ripropongono ad altri ragazzi più giovani.
Il punto di inizio, il riferimento del regista è stato il porto: tutta la scena avrebbe dovuto avere un sapore di mare, che rimandasse in qualche modo a una città portuale quale Amburgo, cornice della nostra storia.
A questo progetto si aggiungeva però un problema non indifferente, ossia le ristrette dimensioni del palcoscenico (6 metri per 5metri). La scena doveva essere fissa.
Nasce da qui un secondo problema: nella favola di Sepúlveda ci sono varie location che vanno dal terrazzo del gatto al bazar di Harry, dalle fogne al campanile della chiesa.
Bisognava contraddistinguere ogni luogo con una particolarità e renderlo così unico e riconoscibile dal resto delle altre location. Considerato questo, ho iniziato a progettare la scenografia prendendo in esame i vari luoghi descritti dall’autore e cercando di trovare un nesso che li accomunasse. Naturalmente il porto era il punto base che doveva governare l’intera scena e quindi doveva anche essere il filo conduttore che toccava tutti i momenti.
Fin da subito ho scartato l’idea di definire uno spazio preciso ma ho cercato una soluzione che potesse funzionare per la maggior parte delle scene. Ho ideato perciò uno spazio neutro che potesse comprendere varie soluzioni. Con dei praticabili sul fondo del palco ho creato una passerella rialzata dotata di gradini, sulla quale ho posizionato poi un vecchio lampione di ferro. Questo espediente poteva già rimandare a un pontile e ad un viottolo.
Sul muro nero del fondo palco ho sistemato una serie di lunghe reti da pesca rosse e svariate corde e ormeggi dietro le quali ho steso un lungo telo di plastica semitrasparente che grazie alle luci creava interessanti soluzioni per varie scene. Ho pensato anche di aggiungere qualche elemento tridimensionale come una vecchia e sporca scala di legno, un piccolo mobile sui cui piani erano appoggiate corde, ganci e una lampada ad olio, il tappo di una botte e una vecchia e consunta ancora. Le reti stese e i finti ormeggi delle barche sono stati ripresi anche per decorare le prime due quinte nonché per riempire in modo non casuale lo spazio scenico, scendendo sinuose dalla graticcia in un aggrovigliato gioco di nodi. A destra del palco, subito dietro al praticabile, ho fatto calare anche una vecchia e arrugginita carrucola e altre corde.
Per dare un esempio di come con pochi elementi diversi su uno stesso spazio neutro sia possibile regalare l’illusione di un vero cambio scena voglio citare l’esempio della soluzione scelta per la scena delle fogne. Verso la fine del primo atto il gatto protagonista Zorba decide di scendere nelle fogne per patteggiare con il capo dei ratti per l’incolumità della gabbianella. Il capo dei ratti non poteva certo condividere lo stesso luogo dei gatti, quindi ho pensato di improvvisare un piccolo cambio-scena. Subito dietro la passerella per tutto lo spettacolo ho posizionato un lungo stangone al quale ho appeso altre reti da pesca, del tutto simili a quelle sul fondo della scena ma con l’unica differenza che queste avevano attorcigliati nella trama degli stracci di plastica (la stessa del fondale).
Quando lo stangone veniva issato saliva questo altro “fondale” simile a quello sul fondo (poiché utilizza gli stessi materiali ma in maniera diversa). La plastica che prima era ben stesa ora si trova appesa in svariati logori stracci che scendono dall’alto quasi fossero alghe o rifiuti rimasti impigliati nella rete.
Il vestito del capo dei ratti è composto da un lunghissimo mantello che scende dalle sue spalle e sale nuovamente in alto fin sullo stangone. Questo telo grigio rimane per tutto il dialogo fra il ratto e Zorba e solo quando l’attore farà la sua uscita di scena si staccherà dallo stangone trasformandosi così da parte della scena nello strascico del mantello del topo. Al buio lo stangone viene riabbassato e torna a nascondersi dietro la passerella.
Lo spettacolo è in tour da due anni e ha partecipato alla rassegna nazionale di teatro per ragazzi di Mogliano "Le mille e una fiaba" arrivando fra i primi tre.
Link del trailer dello spettacolo:
http://www.youtube.com/watch?v=RBGwSndkWyM