Gli occhi dell'uomo che si sorprende

Gli occhi dell'uomo che si sorprende

Lo spettacolo più bello che abbia mai visto: gli occhi dell’uomo che si sorprende. ...Come ogni sera, percorro avanti e indietro il pavimento in legno , le luci del piccolo palco si fanno strada arroganti, trafiggendo le ombre avvolgenti in cui mi rifugio. Antichi specchi mi deridono, il mio volto si scompone, il mio sguardo riverbera, per un attimo, io e le mie sagome fluttuanti ci guardiamo fisso nell’iride stanca, poi, velocemente mi rigetto nelle tenebre. Ogni volta ho l’impressione che le mie immagini riflesse continuino a guardarmi anche dopo che mi sono voltato. Le tende di velluto blu di Prussia, diventano ogni sera più pesanti, ogni sera più grigie, per colpa della polvere, che disperatamente continua ad aggrapparsi al tessuto, implorando una tregua, cercando con tutta la sua forza di strappare quel maledetto sipario. Ricordo i colori psichedelici sospesi nell’aria, gli stessi specchi che ora mi umiliano, s’incantavano nel riflesso di mia madre, dea mortale, megera, queste pareti hanno sorretto l’amore per il suo amato, mio padre; insieme hanno consumato la passione su questo palco, e su questo palco ne hanno creata una nuova, deforme, onnipervasiva: la commedia, la tragedia, qualsiasi opera da loro interpretata era un sacro rituale in onore dell’astrazione, era Katharsis per ogni spettatore, ogni anima qui, si caricava di una nuova energia indomabile. Io di quella sola energia mi sono nutrito.Poi, tutto ha iniziato a scolorare, tutto è diventato immobile e grigio, gli occhi hanno smesso di cercare, di stupirsi, ora sono statici e opachi, arrendevoli dinanzi all’arida morte del Pathos. Forse si ha perfino il timore di emozionarsi, di sentirsi vivi in una storia inventata, di credere nella fantasia e riscoprirsi nel non umano, di esplorare nuovi mondi ignoti privi di artificiale, attraverso gli occhi di uno sconosciuto. Io stesso ho timore, perché sono rimasto unico depositario degli arcani segreti dell’immaginario, ed inizio a sentirmi terribilmente solo sul palco, di fronte a tanti occhi di vetro, sento che sto scomparendo, un fantasma, in questo relitto sedimentato nell’oceano dell’astratto.Ecco, lo spettacolo sta per iniziare, si spengono le luci e il sipario ondeggia. Cala il silenzio, nella sala, e nel mio spirito. Respiro. Le tende come un portale magico, hanno marcato, scorrendo, il confine verso un nuovo mondo incantato, ai lati della scena si abbandonano languide e ormai stanche. Fasci di luce argentea scivolano nel buio, ma di colpo, si scompongono, rifrangono, moltiplicano. Osservo il mio pubblico, questa volta sono io spettatore, IO attendo che lo spettacolo avvenga nei loro occhi! Scandaglio gli abissi di ogni individuo, ammiro ogni ruga deformarsi sul volto, per comporre la forte e spietata espressione dello stupore. Si! Sul palco questa sera ci sono i miei specchi, custodi di questo teatro e di tutte le emozioni che qui sono state riposte, sul palco ci sono riflesse le sagome del mio pubblico, sul palco ci sono gli occhi di chi da anni aveva smesso di vivere e sognare, sul palco c’è lo spettacolo più bello che abbia mai visto: gli occhi dell’uomo che si sorprende. Piango. Tremante, mi faccio strada tra gli specchi, per godere di quella visione divina, al centro della scena, sguardi mi divorano con un’energia che forse non avevo mai provato. In quel momento, ho avuto l’impressione che la gente non trovasse differenza tra me e gli specchi. Mi sono sentito il riflesso io stesso, di quegli spiriti risorti. - Mina Tedesco -