Ricordi quando eri bambina?

Ricordi quando eri bambina?

I giorni sono diventati pesanti, anche solo parlarti, annienta le mie forze. Casa nostra è piccola, e con il passare degli anni, le assomigliamo sempre di più. Siamo diventati aridi e grigi come queste pareti, come il cielo in inverno, come i nostri silenzi. Te ne vai all’alba, sento le tue ossa stridere mentre trascini i tuoi passi lenti, e la porta sbattere. Subito dopo un silenzio divampa. Ogni volta che sbatti quella porta, il mio cuore si rapprende, quel rumore mi comprime il petto, e il vuoto che lasci dietro di te è tale, che inizio a credere di essermi svuotata anche io, che il mio cuore chissà da quanto tempo, ha smesso di contrarsi. Raggiungi l’insenatura ad Est, dove la vegetazione muore lasciando spazio a rocce gelide, tra le quali forse ti riconosci. Ti abbandoni debole, adagiandoti sul tuo trono di desolazione, e osservi il sole sorgere, ogni santo giorno, quel maledetto sole, levarsi sulle nostre teste. Chissà quante ore passi ad osservare il mare, chissà se almeno ogni tanto, ti capita di pensare a me. Non ci spero più, ormai. Io d’altra parte odio profondamente il trascorrere inesorabile del tempo, si, odio il tempo che ti ha portato via da me. Adoravamo il mare entrambi, e la natura. Ci sentivamo vivi, VIVI, se chiudo gli occhi un impercettibile fremito mi attraversa ancora.. ci amavamo. Chissà se te lo ricordi quanto ci amavamo. Eri pieno di idee e sogni, pieno di fiducia e voglia di riempire ogni secondo della tua esistenza con stupore e passione. Sapevamo sorprenderci come i bambini che scoprono il mondo. Noi esploravamo un nuovo mondo ogni giorno.Ricordo quando ci siamo conosciuti.. eravamo bambini. Abbiamo affrontato questa lunga vita insieme amore, le nostre vite sono un’unica vita. E un giorno giocavamo a fare gli sposini, hai raccolto dei fiori di campo gialli, per me, mi hai sorriso e mi hai detto che la nostra casa sarebbe stata quella, quel grande albero sotto al quale passavamo il nostro tempo. Quella grande quercia è stata il nostro rifugio, lì mi hai chiesto di diventare tua moglie. Credevo di non poter contenere tutta la gioia nel mio esile corpo, per quanto fosse imponente ed incontrollabile. Eh si, non c’è da stupirsi se il giorno del nostro matrimonio, sotto quell’albero mi aspettavi, sorridente. Ricordo l’odore di quella mattina, il fresco vento che ci avvolgeva, il sapore di quel bacio, il mio vestito semplice e candido, e il mio bouquet, scelto da te, con quei fiori di campo, si, quelli che mi regalasti quando eravamo bambini.Beh, ora non viviamo certo in un albero, ma quando il sole vira verso ovest, l’ombra della grande quercia striscia languida sulla nostra casa. L’hai fatta costruire per noi, proprio qui.. hai mantenuto la tua promessa e non sai quanto ti ho amato per questo.Non so quando sia successo, ma un giorno ti sei spento. Il tuo viso ceruleo privo di espressione, non provi più niente. Da quando hai smesso di guardarmi poi, beh io ho smesso di vivere.Una mattina ti ho seguito fino all’insenatura, mi sono seduta accanto a te. Non mi hai guardata nemmeno in quell’occasione, ancora ne soffro, e mi sei sembrato infastidito dalla mia presenza. Dico sembrato, perché non mi hai detto nulla, solo una parola: NO. Si perché ti ho chiesto se ti ricordassi di quando eravamo bambini, e tu mi hai risposto NO. Quel no che ha lo stesso rumore della porta che sbatti ogni mattina, quel no che ha il rumore del mio cuore che si ferma, quel no che mi soffoca stretto, annodato alla gola. La mia non era una domanda amore, era una supplica, una litania d’amore, l’ultima, l’ULTIMO sospiro di speranza che il mio corpo abbia esalato. Mi sono alzata e sono tornata nella nostra casa.Da quel giorno bramo l’oblio più della morte, da quella mattina odio il giorno, il sole, la luce. Ho bisogno della notte che mi dia ristoro, che la Luna mi addormenti e che le stelle mi strappino a morsi la vita. E così vado avanti. Ho fatto di queste mura la mia prigione, evado raramente e solo se obbligata.Dormiamo ancora nello stesso letto, ma non puoi capire quanto siano infiniti per me, quei quaranta centimetri che ci separano. Il sole sta affogando nel mare finalmente, finalmente posso naufragare in un nuovo sogno.- Mina Tedesco -